Yellow Kid
Le origini del fumetto moderno
  fumetti - di Giorgio Di Zenzo    
 

Negli ultimi tempi “la vignetta” o “la striscia” sui quotidiani di informazione sta lentamente sparendo e soprattutto non sembra più essere considerata alla pari di un articolo, bensì un “arricchimento superfluo”.
Eppure, molto tempo fa, il primo fumetto della storia nacque proprio sulle pagine di un giornale: mi riferisco a “Yellow Kid” di Richard Felton Outcault che nel 1895 debuttò sulle pagine del quotidiano newyorkese “Word”.
Yellow Kid (bambino giallo) è appunto un bimbo tra i sette e gli otto anni, calvo, con le orecchie a sventola, denti da coniglio e gli occhi che sembrano due puntini neri.
Questo strano personaggio non parla, scrive i suoi pensieri su un palandrano giallo che usa per coprirsi; i suoi discorsi sono scritti in una forma grammaticale scorretta per evidenziare il grave livello di ignoranza relativo al suo status sociale.
Yellow Kid non ha né i genitori né una casa. Vive per strada senza ricevere un’istruzione, senza una possibilità di impiego, senza un futuro certo. Eppure vive la vita con spensieratezza nella periferia di Hogan’s Alley a New York, in compagnia di altri bambini poveri, barboni ed immigrati.
Tutte questi personaggi riescono a creare insieme situazioni surreali che fanno sembrare una giornata qualsiasi una grande festa, come rappresentato ad esempio nella tavola “At The Circus in Hogan’s Alley” in cui il retro bottega di un negozio si trasforma in un improvvisato circo con tanto di giochi e intrattenimenti di ogni tipo e cani e gatti in veste di belve feroci.
Il successo del personaggio fu tale che John Pulitzer definì questo fumetto con il termine di “Yellow Journalism”, un nuovo modo di realizzare il giornalismo, raccontando fatti, storie ed avvenimenti sotto forma di disegno.
Nel corso del tempo il pubblico iniziò a diventare più superficiale e non colse più i messaggi sociali della vignetta, cosicché Felton fece uscire nel 1902 un altro fumetto che aveva per protagonista il personaggio di “Buster Brown” .
Buster è l’esatto opposto del suo predecessore: un ragazzino dell’alta borghesia americana, ben vestito, biondo e con un faccino pulito; nonostante sia cresciuto nelle comodità e nelle attenzioni è un bambino cattivo che combina una serie di scherzi nei confronti dei domestici e dei genitori, spalleggiato da un improbabile cane parlante.
Felton, questa volta, punta tutto sulla comicità tralasciando la critica sociale ma Buster, seppur divertente e gradevole, non è al livello di Yellow Kid.

Tornando alla premessa iniziale, fa riflettere come nei primi anni del ?900 il fumetto fosse inteso come un sistema alternativo di fare giornalismo mentre oggi è considerato semplicemente marginale, quasi superfluo.
Una situazione che dispiace. Probabilmente, vista l’inadeguatezza di alcuni giornalisti d’oggigiorno, sarebbe auspicabile che fossero gli stessi fumetti a svolgere funzioni di inchiesta sociale, ritornando così a ricoprire gli intenti originali.

   
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