Back to the garden   musica - di Giorgia Mastroianni    
 
Well maybe it is just
the time of year
Or maybe it’s
the time of man
I don’t know
who I am
But you know
life is for learning
 

Indietro. Tornare  “in un giardino”, ascoltando oggi il testo di questa canzone di Joni Mitchell abbiamo quasi l’impressione di leggere qualcosa di  un po’ troppo  “hippie” e lontano per essere considerato attuale. Il cinismo ha preso il sopravvento,  ormai parole così non le scrivono più, ci mancano i Bob dylan e anche i Lennon, ci manca poter credere in una Rivoluzione. La realtà, la crisi,  ormai più citata delle mezzestagioni ci bombarda incessantemente. Eppure ancora qualcuno che in questo giardino  ci vuole stare c’è.  C’è qualcuno che il giardino lo cerca urlando dai balconi o dai monumenti delle città: “We are stardust, We are golden, And we’ve got to get ourselves, Back to the garden”.  Ci sarà pure una via di mezzo tra il sognare rivoluzioni utopiche ,atteggiandosi a Luke Skywalker dell’era attuale , e un perdere completamente la voglia di poesia e di speranza. Sembra quasi impossibile scrivere senza parlare di problemi, della mancanza di lavoro, del fatto che ogni cosa che facciamo o scriviamo, non ci verrà sicuramente pagata (quando ci dice bene! ormai addirittura si arriva a pagare per fare il lavoro che si sogna).  Però poi uno pensa a un Magritte che ha iniziato dipingendo carta da parati, e  magari un sorriso ci scappa. Ma cos’è questo giardino? Era il periodo stra discusso di Woodstock, mai fango è stato più citato, e pensare che Joni Mitchell a quel festival non ha partecipato!  Se l’è perso! Forse da subito non ne aveva intuito l’importanza , poi c’ha regalato una delle più belle canzoni su quell’evento (scritta probabilmente mentre si mangiava le mani e imprecava contro se stessa). Rivedendo quelle immagini, di quel giardino di fango pieno di energie e di speranze (“dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori”, diceva uno che sapeva parlare) si cade nella nostalgia di tempi che non abbiamo vissuto. Ma non sarà proprio questo il nostro sbaglio?! Basta nostalgia!. Nemmeno Joni Mitchell si era resa conto che quei giorni sarebbero stati così importanti, e se fossimo già nel bel mezzo di una rivoluzione e ce la stessimo lasciando scappare?.  Non può non sorgere la semplice domanda “cosa abbiamo da perdere!?” . Quando diciamo Woodstock  non ci riferiamo solamente a  quei fatidici giorni di agosto del 1969, parliamo di una mentalità stufa che ha deciso di cambiare, di una nuova rivoluzione che non aveva sangue ma che influenzò varie generazioni e che ora,  cinicamente, stiamo cristallizzando nel mondo della nostalgia.  Il sesso a  Woodstock c’era, ed era un sesso sporcato dal fango, non dalle mani dei nostri politici e da presunte nipoti di Mubarak. E scommetto che quel sesso si che era fatto bene! E se c’erano quelle belle vibrazioni  di Brian Wilson perchè noi non possiamo trovarne di nuove?!  Anche oggi come ha scritto Joni “siamo oro, catturati negli affari del diavolo” ed è nostro dovere trovare assolutamente  un modo di liberarci, di ritornare in quel giardino.

   
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