Si sa, in prossimità della fine di ogni anno la nostra propensione per i bilanci si affaccia
vivace alla mente. Quando questo accade, ci mettiamo con attenzione certosina a
scartabellare nell’archivio virtuale della nostra memoria immagini ed eventi trascorsi per
stabilire quali tra questi erigere a rappresentanti dell’anno ormai agli sgoccioli e quali
invece abbandonare alla confusione di un passato non ben definito. Quando mi sono
immersa in questa operazione per cercare di individuare quali fossero nell’ambito della
moda le cose da riporre nella scatolina dei ricordi accanto al numero 2011, mi sono
ritrovata a fare una considerazione. Nonostante quest’anno ne abbia viste di tutti i colori,
com’è normale del resto che sia in questo settore schiavo di un dinamismo frenetico
solleticato tra l’altro dagli isterismi di una crisi globale, una cosa, una cosa su tutte ha
accompagnato il mio pensiero nella sua lunga e affannosa peregrinazione. Non si tratta di
un evento o di un personaggio in particolare, ma piuttosto di una corrente che
insinuandosi al disotto di tutto si è trasformata in valanga portandosi dietro la totalità
degli eventi e la totalità dei personaggi, di una rete che ha abbracciato tutte le facce della
moda ridisegnandone i profili, di una rete sì, “la” rete: Internet.
Non c’è ambito in questo settore che non sia stato influenzato dall’esistenza delle nuove
tecnologie, ma non solo, grazie a queste si sono aperte una serie infinita di nuovi scenari
e risorse a cui attingere. Dal processo creativo a quello distributivo, dalla comunicazione
all’atteggiamento del consumatore verso l’esperienza dell’acquisto, ogni singola fase
della lunga filiera moda può essere ripensata e rimodulata alla luce di nuovi linguaggi e
nuovi mezzi. Tutti siamo coinvolti in questo processo di trasformazione ed è proprio
nella componente della partecipazione che si ritrova l’elemento più rivoluzionario ed
innovativo.
Per indagare le dinamiche di questa trasformazione in maniera più approfondita, ho
chiamato in causa Marco Massarotto, uno dei maggiori esperti di rete e di social
network in Italia, fondatore di Hagakure – forse la più dinamica agenzia di comunicazione
online nel nostro Paese – ed autore del libro Digital PR.
Quand’ è che la moda ha cominciato ad accorgersi del potenziale di internet e chi sono stati i primi a coglierlo?
Sono ormai alcuni anni che la moda ha abbracciato il web, ricambiata. Per i Fashion
Brands Internet è uno strumento di straordinaria rilevanza. I grandi marchi globali del
lusso amministrano oggi community di milioni di persone che seguono in diretta le
sfilate, conversano sui contenuti della marca, comprano i prodotti e spesso
contribuiscono a disegnarli. Se a questo scenario aggiungiamo l’importanza delle
battaglie che le marche di moda conducono, spesso online, sui temi della contraffazione,
capiamo quanto sia strategica Internet per il lusso e la moda.
Tra social network, siti e blog dedicati, quello della moda sembra essere un argomento molto dibattuto all’interno della rete. L’impressione che si ha è che un processo centenario è stato invertito: non è più la moda ad imporre rigidamente le sue direttive ma sono i consumatori stessi che si uniscono per indicarle la strada…
La moda ha sempre tratto ispirazione dallo “street” ed oggi di sicuro il villaggio globale
iperconnesso agevola questo processo, ma senza un interprete dei gusti e delle
tendenze, non esisterebbero i brand. Le dinamiche sono sempre quelle, solo ampliate e
rese globali e accelerate in real time.
C’è ancora chi considera quello della rete semplicemente un mezzo in più per la
promozione del proprio brand e lo sfrutta come semplice vetrina virtuale, ma le
possibilità da cogliere sono molte altre. C’è chi scommette sulla rete al punto tale da
creare collezioni dedicate al popolo di internet, Uniqueness il progetto nato dalla
collaborazione tra Alessandra Facchinetti e Pinko potrebbe rappresentare un’apri pista per le aziende del settore?
Sicuramente la collaborazione con il consumatore, per le aziende, è oggi possibile a livelli
molto profondi. Le opportunità sono moltissime, anche se connettere i processi di
produzione aziendale alle dinamiche fluide del web e delle community è un’operazione
tutt’altro che facile.
Lo shopping in rete: a quanto pare noi italiani siamo tra i clienti meno assidui e più
diffidenti nei confronti dell’acquisto on-line… Come mai?
Credo sia una combinazione di paure che ci contraddistinguono: quella verso la
tecnologia, quella verso le carte di credito e quella verso le poste o le consegne.
Con il fenomeno del crowdsourcing cambia il rapporto tra lo stilista ed il consumatore? Come cambia il ruolo della “marca” e del brand?
Credo la collaborazione tra aziende, designer e consumatori crescerà. Il ruolo di selettori
e interpreti degli stilisti sarà sempre più necessario, ma il marketing troverà nuove forme
di coinvolgimento dei consumatori.
Quali saranno secondo lei, le evoluzioni nel prossimo futuro?
La digitalizzazione dei punti vendita e delle esperienze di acquisto. Specchi che dialogano
con facebook, negozi che parlano coi telefoni e lanciano promozioni etc etc.
Nell’attesa di ritrovarci ad interrogare specchi, per la felicità delle vanitose matrigne del futuro, osserveremo con curiosità le evoluzioni di questa rivoluzione globale, sentendoci un po’ osservatori, un po’ protagonisti.