Tutti noi siamo chiamati, vista la congiuntura economica fortemente negativa, a fare dei bilanci . Il 2011 è stato l’anno del definitivo accertamento della crisi economica in Europa e non solo, mentre l’anno nuovo appare già segnato dall’ avvio della recessione che misura la decrescita del nostro Paese. Siamo arrivati al giro di boa nell’arco di una manciata di giorni: da Paese definito “benestante” dall’ex premier Berlusconi, siamo passati ad essere, dopo la Grecia, il secondo Paese europeo a rischio di default.
Nel giro di pochi giorni siamo passati ad un governo di emergenza guidato da Monti e composto da ministri tecnici. Siamo passati dal governo degli sprechi, delle barzellette e del “bunga bunga”, a quello del rigore, della serietà e dei sacrifici. Stiamo vivendo in qualche modo una cessione di sovranità da parte di politici che hanno la responsabilità della situazione attuale.
Il disastro economico in cui ci troviamo ci ha impedito perfino di festeggiare la fine del governo Berlusconi, ci siamo improvvisamente trovati ad occuparci di spread, di riforma delle pensioni, dello scioglimento di importanti Enti quali le Province, l’INPDAP, l’ENPALS.
La sera ascoltando le notizie al telegiornale ci stupiamo del nuovo linguaggio, dei toni bassi, della riduzione di forme di arroganza che ci sembravano ormai usuali. I famosi processi di Berlusconi rimangono sullo sfondo come un’immagine appannata e distante dalla realtà.
Nel fare il nostro bilancio politico e sociale, vogliamo segnalare tra i tanti, tre eventi più rilevanti: la fine di Berlusconi e della sua politica, il fenomeno mondiale degli “indignados” con le rivolte popolari del nord Africa, la liberazione del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi in Birmania.
Del primo evento abbiamo già parlato, del secondo abbiamo più volte scritto in questo anno con la speranza nel cuore di vedere con la caduta di tanti regimi l’affermazione di veri sistemi democratici che vedano la partecipazione effettiva dei cittadini.
Con il “bunga bunga” è andato via Gheddafi, sono spariti i dittatori della Tunisia, dell’Egitto, mentre sono ancora in corso proteste soffocate nel sangue e grandi migrazioni di persone perseguitate che traversano il Mediterraneo per approdare in Italia e in Europa. Comincia con gradualità a cambiare qualcosa anche per le donne da sempre relegate in ruoli marginali al limite della schiavitù. E’ tutto molto incerto, per colmare il fossato del pregiudizio e dell’incultura, occorrono ancora chissà quanti anni…però possiamo sperare di intravedere un futuro migliore. Specialmente quando i giovani ricominciano a prendersi la scena, ad occuparsi del loro destino e di quello delle generazioni che verranno.
Nel cuore delle città del benessere, davanti a Wall Street, si tengono le grandi manifestazioni degli “indignados” cioè di quelli che contestano lo strapotere delle banche e la regolazione delle nostre vite secondo le leggi di mercato.
E’ la crisi del capitalismo per come si è andato sviluppando dopo la guerra. È la presa di coscienza della necessità di salvaguardare i “beni comuni” (aria, acqua, terra) e di affermare nuovi stili di vita per ridurre la differenza tra i tanto ricchi e i molti poveri.
Il terzo evento rappresentativo al pari degli altri di un’era di cambiamento, è la liberazione dal carcere di Aung San Suu Kyi. Il suo partito è stato finalmente riconosciuto e questa donna fortissima ma dall’aspetto fragile, ha annunciato la sua ricandidatura alle elezioni. Sono vive nella nostra mente le immagini delle repressioni dei monaci buddisti e del popolo birmano che chiedevano la sua liberazione. Oggi pensiamo a lei come un futuro diverso assai possibile.
Infine a conclusione del nostro bilancio, vogliamo ricordare Leda Colombini recentemente scomparsa mentre partecipava ad un convegno nel carcere di Regina Coeli, sul problema dei bambini da zero a tre anni detenuti assieme alle loro madri. Leda ha avuto una vita straordinaria, dove tutto è avvenuto assai anticipatamente rispetto ai tempi dei nostri giorni. Veniva da una famiglia povera, ha dovuto interrompere gli studi per andare a lavorare la terra già dall’età di 10 anni. Poco più che bambina divenne partigiana e a 20 anni era già dirigente nazionale del sindacato per poi divenire responsabile nazionale del settore agricoltura del PCI. Il partito la mandò a Milano a completare gli studi e poi la fece venire a Roma dove si sposò ed ebbe due figli. E’ stata assessore ai servizi sociali nei primi anni ’80 e partecipò all’avvio della riforma della sanità: tutta l’attuale legislazione della Regione Lazio in materia di diritti delle donne, di asili nido, di consultori, porta la sua firma. Ha fatto due legislature come parlamentare e lasciò senza farsi pregare quella funzione per dedicarsi negli ultimi 20 anni, fino alla morte, alla cura della sua Associazione “A Roma insieme” per lavorare sui diritti dei bambini di Rebibbia e sui problemi della detenzione. A lei volontaria tra i volontari, va un saluto, un rimpianto ed un ringraziamento.