In piena situazione di crisi, con tagli pesanti, aumento delle tasse e tutte le cose che sappiamo e di cui pagheremo il conto soprattutto noi giovani ancora una volta siamo stati colpiti da parole offensive da membri del Governo, ultima il Ministro Cancellieri: "Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà". Noi giovani (poi bisogna vedere cosa si intende visto che si è considerati tali fino a 40 anni) siamo dei “mammoni”, “sfigati”, che credono nella “illusione lavoro a vita” e tra l’altro abbiamo scoperto essere “monotono” per il futuro di una persona.
Io mi rendo conto che avendo una media di età molto elevata i membri dell’ottimo Governo tecnico di Monti , che ha miracolosamente fatto scendere lo Spread a 325, non abbiano la sensibilità per percepire il tasso di ansia, insicurezza, voglia di cambiare le cose, professionalità e preparazione di alto livello degli under 35 che con queste parole spingono ad emigrare. La fuga dei cervelli è giovane!
Dati recenti dello SVIMEZ “Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno” raccontano la dura verità: circa 60 mila laureati si sposta dal Sud verso Nord in cerca di occupazione. La migrazione interna colpisce dunque in particolar modo le ragioni del centro-sud, nelle prime l’85% dei laureati resta nella propria area di residenza, mentre nelle regioni meridionali circa il 40% dei laureati si sposta nelle regioni settentrionali o emigra all’estero in cerca di lavoro.
Ma i dati della fuga delle nuove energie che potrebbero innovare il Paese dando un contributo al miglioramento effettivo sul piano socio-economico non si fermano qui. Infatti uno studio dell’Associazione Giovani Talenti su base Istat, con riferimento al periodo 2004-2008 dimostra che a lasciare l’Italia sono i laureati di tutto il territorio nazionale. Infatti i laureati del Nord Ovest emigrati all'estero sono arrivati al 90,9%, nel Nord Est al 93,8%, al Centro si registra l’incredibile aumento del 153%, invece la crescita dei laureati emigrati del Sud 28,1% e dalle isole 55,6%.
Le mete più attrattive per chi decide di espatriare sono la Gran Bretagna, la Germania e la Svizzera. Mentre i Paesi in cui si concentra, in proporzione alla popolazione locale, la maggior parte dei laureati emigranti sono il Lussemburgo, gli Emirati Arabi e la Cina.
Quindi non diciamo frottole, sono veramente in tanti quelli costretti a lasciare la nostra amata Italia e che invece vorrebbero avere la possibilità di farsi un futuro e passare la propria vita nella terra dei loro padri con i propri affetti. Anche il Presidente Giorgio Napolitano ha dichiarato: “Sono convinto che l’emigrazione italiana costituisca un patrimonio unico di esperienze individuali e collettive, di generazioni diverse, al quale ispirarci come concreta testimonianza e esempio di integrazione e laboriosità”. Parole pienamente condivisibili ma caro Presidente qui ci si deve preoccupare seriamente di questo fenomeno in continuo aumento.
A confermare la situazione grave del mondo del lavoro è l’Istat che con un comunicato recentissimo afferma:
“a gennaio 2012 il numero di occupati registra una variazione dello 0,1% (+18 mila unità) rispetto a dicembre 2011. Il risultato positivo interessa sia la componente maschile sia quella femminile. Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione segnala una variazione pari allo 0,2% (+40 mila unità).
Il tasso di occupazione è pari al 57,0%, in aumento nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e di 0,2 punti in termini tendenziali.
Il numero dei disoccupati, pari a 2.312 mila, aumenta del 2,8% rispetto a dicembre (64 mila unità). Su base annua si registra una crescita del 14,1% (286 mila unità). L’allargamento dell’area della disoccupazione riguarda sia gli uomini sia le donne.
Il tasso di disoccupazione si attesta al 9,2%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di un punto rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è pari al 31,1%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011.
Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,4% (-63 mila unità) rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività si posiziona al 37,3%, con una flessione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,8 punti su base annua”.
Quindi, in conclusione, credo che noi giovani dobbiamo chiedere e pretendere più rispetto da chi ci taglia le gambe a priori e difenderci, facendo rete, dai vecchi squali che ci sono nel Bel Paese.