Protagonisti della Moda:
Intervista a Fabio Ferrone Viola
  moda - di Laura Epifani  
 
 

Che quello che stiamo attraversando sia un periodo di crisi è innegabile, ma altrettanto innegabile è la verità che guardare avanti con la fiducia nello sguardo aiuti concretamente a muovere i propri passi verso strade più luminose. Il campo della moda si sa, è sempre stato capace di volare al di là delle righe. Svincolandosi da previsioni e regole ordinarie ha scritto la propria storia attraverso gli inchiostri policromi e capricciosi di personaggi visionari, eclettici, eccentrici, ma capaci di affrontare la passione per la propria professione con il rigore e la solennità che si deve ad una vocazione. Dai tempi della guerra, tempi in cui mademoiselle Cocò riusciva a far sognare disegnando sulle gambe delle donne calze immaginarie, cos’è cambiato ? Il lavoro della moda, quel lavoro così difficile da spiegare, da razionalizzare, da fare, come si è evoluto? Cos’è rimasto di quello spirito creativo, dirompente che scardinava vecchi codici per imporne sempre di nuovi? Immagino che le risposte potrebbero essere diverse, non è facile dare una lettura univoca di una realtà così complessa. Sicuramente potrebbe essere di aiuto ascoltare il punto di vista di chi ha osservato dall’interno questi cambiamenti, ragione per la quale abbiamo pensato di rivolgerci ad uno dei protagonisti della scena della moda romana, Fabio Ferrone Viola, direttore creativo del brand “Tish & Cash” e consulente dei noti marchi “Compagnia italiana” e “L’altra Moda”. Nonostante la sua giovane età, sono ormai decenni che Fabio ha sposato la “causa” moda ponendola al centro di ogni sua esperienza professionale. Il designer romano ci ha accolti nel suo studio, strano ibrido tra un atelier di moda e uno di pittura ( altra abilità che il suo estro creativo sfrutta per prendere voce) e immersi tra pantoni, pennelli e ritagli abbiamo iniziato la nostra chiacchierata-intervista.



Quando si è affacciata per la prima volta nella tua mente la voglia di diventare uno stilista e qual’ è stato il tuo percorso?

Sin da bambino sedevo accanto a mia nonna Valentina Viola, una sarta e stilista di alta moda che già negli anni 50 aveva una sua sartoria di abiti su misura da donna nel cuore della Roma della “Dolce Vita” , proprio in via Veneto. Quando mia madre riaprì la sartoria in un’altra sede, rimasi folgorato dal mondo fatato degli spilli, delle imbastiture, dei tessuti. Posso dire con sicurezza che fu la nonna a trasmettermi l’amore per questo lavoro .
Alla fine del liceo classico mio padre non aveva minimamente capito che la moda sarebbe stata il mio percorso. Dopo l’università mi trasferii all’estero per seguire dei corsi di perfezionamento di lingue straniere, ma appena tornato in Italia decisi di inserirmi nell’azienda di famiglia ( il gruppo Ferrone), già leader nel mondo della moda. Cominciai a seguire il mio istinto creativo e in poco tempo mi ritrovai a disegnare la mia prima collezione all’interno di questa grande realtà, il marchio si chiamava all’epoca ‘Compagnia Italiana’. Dopo due anni di piccole e grandi soddisfazioni, nel 1993 cominciai a disegnare una linea da uomo e in seguito entrai a far parte del marchio ‘L’Altramoda Uomo’ .

Quali sono le difficoltà che incontra nel nostro paese un imprenditore del settore moda?
Purtroppo ho avuto modo di constatare personalmente le crescenti difficoltà di un settore completamente lasciato allo sbando, anche a causa della spietata e iniqua concorrenza da parte di migliaia di aziende cinesi impiantate nel nostro territorio. Credo che se non si riuscirà in qualche modo a contrastare questa lenta e inesorabile ‘invasione’ da parte di centinaia di migliaia di cinesi, sarà difficile far sì che il ‘Made in Italy’ non rimanga solo un lontano ricordo.

Si è sempre parlato del vantaggio competitivo del Made in Italy in termini di stile e know how, ritieni che questa sia una realtà ancora viva? Credi che l’Italia possa ancora far nascere gli “Armani” o i “Valentino” del futuro o i giovani per veder riconosciuto il loro talento saranno costretti ad oltrepassare i italiani?
Sono sicuro che molti dei nostri giovani talenti abbiano i numeri per sfondare in questo settore. Il problema risiede nel fatto che molte aziende, a causa della crisi che sta attraversando il nostro Paese, non riescono a far fronte ai costi di produzione e si vedono costrette a ridurre drasticamente il numero del proprio organico, se non addirittura nei casi più disperati ma non purtroppo isolati, a chiudere definitivamente i battenti. Sarebbe vitale per il sistema moda l’individuazione da parte delle Istituzioni di strategie volte ad un efficace sostegno alle aziende, piccole o grandi che siano.

Rispetto agli anni ’80, periodo in cui giovanissimo hai fatto il tuo ingresso in questo settore, cos’è cambiato, si respira la stessa aria? Quali pensi che saranno le evoluzioni di questo settore?
La moda negli anni ‘80 era come pervasa da una fortissima energia e guidata da una potente passione. Parliamo di un periodo che aveva alle spalle il conforto di un forte mercato, solido e sempre affamato di novità. Quindi l’aria che si respirava era di gran lunga diversa, stimolante, carica di fermenti e soprattutto di fiducia nel futuro.
Purtroppo devo dire che oggi le cose sono cambiate moltissimo a causa di vari fattori. In primis le logiche di mercato impongono dei ritmi diversi, sicuramente più frenetici e questo molto spesso avviene a discapito della ricerca sullo stile. Sono cambiate le esigenze dei consumatori, più interessati alla quantità che alla qualità. Per quanto riguarda le tecniche utilizzate negli uffici stile, l’evoluzione delle tecnologie informatiche ha stravolto il lavoro degli stilisti. Se prima ciò che si richiedeva era creatività supportata da una buona mano, ora le competenze necessarie per svolgere questa professione non possono non comprendere un’ ottima conoscenza dei programmi specifici come Photoshop, Illustrator e così via…quindi credo che carta, pennarelli e matite diventeranno a breve un antico ricordo.

Cosa pensi del meccanismo ormai consolidato degli stage infiniti non retribuiti?
Secondo il mio modesto parere gli stage sono un ottimo metodo di inserimento. Proporrei una legge che obbligasse le aziende a creare dei tirocini per un consistente numero di studenti e neo diplomati in ciascun settore lavorativo. Ovviamente ci dovrebbe essere un limite di tempo non superiore ai due anni ed un minimo garantito da parte delle aziende. Si potrebbe pensare anche ad un supporto statale così come accade in molti paesi europei in cui sono previsti dei sussidi per i giovani laureati.

Quale dovrebbe essere il sistema di inserimento dei giovani nelle aziende, credi che escano con una preparazione sufficiente ad affrontare il mondo del lavoro?
Credo che sarebbe un'ottima idea quella di organizzare dei mini stage anche durante gli anni di studio, per consentire agli studenti di individuare il settore di maggior interesse da approfondire. Purtroppo molte aziende non aprono le loro porte agli stagisti perché ritengono queste pratiche una perdita di tempo ed un rallentamento del circuito di lavoro , anche per questo lo stato potrebbe intervenire facendo inserire i giovani con incentivi e o defiscalizzazioni per le aziende stesse .

Aspetti positivi ed aspetti negativi di questa professione.
Per esperienza personale ritengo fondamentale la curiosità, legata alla passione per questo lavoro che non deve mai essere considerato ordinario. Disegnare, creare … è come fare un quadro per un pittore, necessaria è l’ispirazione, altrimenti è preferibile cercare la propria strada altrove. Tra gli aspetti positivi includo sicuramente l’esigenza di dover viaggiare, viaggiare per aprire la mente a nuove realtà, viaggiare per cercare nuove soluzioni e nuove tecniche. Per quanto riguarda i lati negativi li lego alla realtà di molte aziende che puntando alla quantità sacrificano la qualità, la ricerca sullo stile, la creatività, mortificando in questo modo la natura stessa di questo settore. Fare i numeri a volte sembra essere l’unico obiettivo, fortunatamente c’è chi ha capito che gli stessi risultati possono essere raggiunti rispettando il valore estetico di ciò che si produce.

Un consiglio rivolto a chi vuole intraprendere questo percorso.
Un consiglio che posso sicuramente dare alle giovani leve è quello di focalizzare i propri sforzi e specializzarsi in uno dei tanti settori, non soltanto a livello teorico ma soprattutto a livello pratico. Approdare in un’ azienda con delle conoscenze e delle capacità specifiche spendibili anche a livello tecnico è fondamentale.

 

 





 
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