Note sfiorite
 
musica - di Giorgia Mastroianni
 
 
 
Un altro Sanremo è andato, senza troppe novità, con le solite polemiche, i soliti “finti scandali” di un Celentano che fino all’ultimo non vuole partecipare e poi clemente appare, con un Morandi dal costo di un milione e centomila euro che batte gli ottocentomila dati alla Clerici due anni prima, e la disarmante querelle sull’intimo di Belen, et voilà. Per la crisi c’è tempo.

Se escludiamo un breve(issimo) accenno sulla mobilitazione contro i tagli ai treni wagons-lits e la richiesta di un aiuto da parte del sindaco di Sanremo per la propria città, il difficile clima italiano di questo periodo non ha intaccato la frivolezza e la pomposità del festival, condito da tanti di quegli ospiti stranieri da far girare la testa:Brian May, Patty Smith, Al Jarreau, Noa, Feliciano, Sarah J. Morris, Kerry Ellis, Sky Morcheeba, Bregovich.



Fortunatamente vi sono state alcune, pochissime, canzoni “impegnate”, come il testo di Samuele Bersani, “Un pallone”, metafora di un’Italia sgonfia, svuotata, che non si muove e che non ha il coraggio di andare avanti. Con il suo tipico stile da filastrocca, il cantautore affronta, attraverso allegorie e metafore, temi tutt’altro che frivoli: “Un pallone bloccato fra gli uccelli su un tetto finge di essere un uovo malato in attesa soltanto di un colpo di becco”, e ancora, “Ci vuole molto coraggio a rotolare giù in un contesto vigliacco che non si muove più e a mantenere la calma adesso. Per non sentirsi un pallone perso”. La stessa canzone vincitrice, “Non è l’inferno”, cantata da Emma e scritta da Silvestre dei Modà, seppur banalmente, parla della difficoltà di “non riuscire ad arrivare a fine mese” di un italiano che, rivolto al suo governo, chiede: “se tu hai coscienza, guidi e credi nel paese, dimmi cosa devo fare per pagarmi da mangiare, per pagarmi dove stare, dimmi che cosa devo fare”.

A parte piccole eccezioni, una cosa appare ovvia: Sanremo si sta allontanando sempre di più dalla realtà italiana, dai giovani e dalle loro difficoltà. Se in passato ci faceva bene evadere e canticchiare “Sole cuore e amore”, adesso serve altro. Anche la musica è sfinita. Già negli anni passati voci autorevoli si sono mostrate scettiche riguardo l’utilità dell’evento sanremese come trampolino di lancio per nuovi artisti. In un’intervista il cantautore Francesco Guccini ha affermato di preferire un programma come X Factor piuttosto che il festival della canzone italiana, dichiarando: “oggi le case discografiche non possono più investire tanti soldi sui personaggi. Per cui è difficile sfondare se non si passa per questi canali. Programmi come X Factor offrono una possibilità per un giovane che voglia fare musica nuova. Un tempo questo ruolo era svolto da Sanremo”. A questa si aggiunge la recente polemica di Enzo Iacchetti riguardo la scelta dei partecipanti al festival dei giovani: “Sanremo è proprietà delle major. Controllate i cantanti, vedete se ce n'e' uno di una casa discografica che non sia una major".

I fiori di Sanremo diminuiscono e non profumano più, cominciano piuttosto a fare rabbia all’Italia toccata dalla disoccupazione e dalla disperazione. E mentre aspettiamo che la crisi finalmente sia finita purtroppo i responsabili resteranno impuniti e allora ritorna in mente una strofa di De Andrè: “se nei vostri quartieri tutto è rimasto come ieri, senza le barricate, senza feriti, senza granate, se avete preso per buone le “verità” della televisione, anche se allora vi siete assolti, siete lo stesso coinvolti”.
 
 
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