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Si
potrebbe dire alla luce degli ultimi eventi politici, che di primarie
si può morire. E' ciò che rischia il Partito Democratico che è il
primo ed unico partito italiano ad avere assunto nello Statuto
l'obbligo di effettuare le primarie per la scelta dei dirigenti di
partito e dei candidati alle cariche istituzionali (consiglieri,
parlamentari...).
Ma andiamo con ordine. Le primarie del PD nascono con il partito
su input di Veltroni, allora candidato a premier e primo segretario
scelto con le primarie. Si voleva un'investitura plebiscitaria, che
c'è stata,
per chi avrebbe dovuto contrastare Berlusconi e il centro destra al
governo. Sappiamo che nonostante gli sforzi fatti le elezioni politiche
furono perse ma Veltroni fu votato alle primarie da tre milioni e mezzo
di persone. Dopo pochi mesi però si dimise da segretario del PD
denunciando l'impossibilità di gestire un partito correntizio preso da
fuoco amico, dimostrando così la fragilità delle primarie. Puoi essere
scelto dal popolo ma poi gestisci il partito con i "soliti dirigenti".
Io sono e sono stata una sostenitrice convinta delle primarie sempre,
contro i caminetti e gli incontri di vertice sintomo di esclusione, di
ristrettezza, di inciuci, di scambi riservati a pochi.
Ricordo ancora il giorno dell'Epifania di due anni fa quando con
un gruppo di persone ho portato sacchi di carbone sotto la sede del
PD nazionale quando si tentava di non fare le primarie.
Dopo questi anni di esperienza sul campo, credo sia arrivato il momento
di fare una sincera riflessione ad evitare che lo strumento delle
primarie venga usato non più come strumento di partecipazione
democratica ma come arma per la lotta tra persone e cordate.
Già la pessima esperienza di Napoli dove si fecero le primarie per la
scelta del candidato sindaco annullate per presunto inquinamento del
voto da parte della camorra, mise in luce la difficoltà di impedire
fenomeni così gravi. Lo statuto del PD ha aperto a tutti i cittadini la
possibilità di votare alle primarie ma non dice cosa si può fare per
prevenire ed impedire fenomeni di inquinamento delle stesse da parte di
corrotti o delinquenti che hanno interesse ad infiltrarsi nella
politica e a condizionarne le scelte. Per un partito che ha un serio
codice etico, il caso di Napoli fu un vero e proprio schiaffo in faccia
raddoppiato quando una larga maggioranza scelse De Magistris dell' IDV
quale candidato sindaco, poi eletto.
Sono seguite poi le primarie per la scelta dei candidati sindaco di
Milano, di Cagliari e alcuni giorni fa di Genova. Nelle prime due città
di centro destra si doveva cercare di far tornare a vincere il centro
sinistra e perciò la scelta del candidato sindaco era assolutamente
importante: non si doveva sbagliare se si voleva centrare l'obiettivo.
A sorpresa, contro ogni pronostico, hanno vinto candidati di altri
partiti e il PD ha dovuto subire l'esito delle primarie.
Dunque le primarie decise e pensate dal PD come possibilità di scelta
offerta a tutti i cittadini senza limite di iscrizione e di voto, né
per il PD né per gli altri partiti di centro sinistra, hanno decretato
la scelta risultata poi vincente alle elezioni vere, nelle quali sono
stati eletti sindaco di Milano Pisapia e sindaco di Cagliari Massimo
Zedda.
E veniamo a Genova dove in primavera si rinnova l'amministrazione
comunale dopo la gestione del centro sinistra guidato da Marta
Vincenzi. Mi domando se è stato giusto sottoporre alle primarie un
sindaco che esce dal primo mandato, che dovrebbe gestire un ovvio
secondo mandato visto che chi amministra grandi città non può in soli
cinque anni portare a termine il suo programma. Mi domando ancora se è
intelligente ed utile che il PD (e non è la prima volta che
succede) candidi alle primarie un'altra persona del PD contro il
sindaco uscente dello stesso partito. Penso che sarebbe stato più serio
decidere dentro il PD di non svolgere le primarie rinnovando la
candidatura della Vincenzi e, nel caso di una candidatura contrapposta
alla sua, che si lasciasse agli iscritti del PD la scelta tra la
Vincenzi e la Pinotti. Se quest'ultima fosse stata scelta dalla
maggioranza, solo allora si sarebbero dovute svolgere le primarie di
coalizione per la scelta del candidato sindaco. C'è un proverbio che
dice che tra i due litiganti il terzo gode e a Genova è successo
proprio così. Alle primarie ha vinto Doria e speriamo che alle elezioni
vere sia in grado di far rivincere il centro sinistra.
Non basta l'esperienza negativa di Genova perché la storia rischia di
ripetersi a Palermo, aggravata dal fatto che Rita Borsellino scelta dal
PD e dagli altri partito del centro sinistra, va alle primarie avendo
contro almeno altri due candidati dello stesso PD.
Comportamenti all'apparenza demenziali del più grande partito del
centro sinistra (quello che ha più voti), hanno però una spiegazione
chiara che sta dentro ai vizi strutturali propri del PD ereditati
dai DS e dalla Margherita. Si chiama correntismo ed individualismo
esasperato che mina la credibilità del partito e dei suoi dirigenti. Si
candidano le persone per "pesare" i consensi del singolo e della
corrente, in vista di future campagne congressuali o elettorali, senza
alcun interesse per il partito inteso come un collettivo che lo "vive"
nell'interesse generale dei cittadini. Il risultato negativo delle
primarie viene sminuito e sottovalutato, i dirigenti compreso il
segretario, macinano persone ed esperienze e vanno avanti a
prescindere.
C'è poi l'appropriazione dei primi posti nelle diverse liste
dei candidati alle primarie come è successo di recente nel Lazio
dove si è scelto il segretario di partito. Qualcuno mi spieghi perché
sono state fatte più liste per sostenere lo stesso candidato e perché
nelle liste abbiamo visto ben posizionati i soliti noti: parlamentari,
consiglieri comunali, provinciali, regionali…Ma la scelta dei
componenti dell'assemblea regionale del PD non doveva garantire il
rinnovamento della classe dirigente con l'innesto di rappresentanti
della "società civile" tanto evocata quanto schizzata
nei fatti da un modo
pessimo di intendere la politica? Enrico Gasbarra neo segretario del PD
del Lazio - a cui facciamo i migliori auguri per il prossimo futuro -
dovrà stare a comporre l'esecutivo e i gruppi di lavoro con il
bilancino delle liste delle primarie, cioè di aggregazioni dei capi
corrente, o dovrà, come a tanti sembra indispensabile, rivoltare il
partito come un calzino per farlo ripartire su basi completamente nuove
dopo due anni di inutile commissariamento? Gasbarra ha di fronte a sé
una realtà istituzionale e politica nel Lazio assai pesante, visto che
in poco più di due anni il centro sinistra ha perso molti Comuni tra
cui Roma, Frosinone e Viterbo e ha perso clamorosamente la
Regione Lazio addirittura in mancanza della lista PDL a Roma e
provincia.
Mi domando quando, come e se arriverà mai il momento del cambiamento
dentro il PD e negli altri partiti. Mi chiedo cosa dovrà succedere
perché la politica cominci a preoccuparsi del più grande partito
italiano del momento (30%) composto da elettori che non vogliono andare
più a votare.
Il governo nazionale con Mario Monti sta davvero cambiando la faccia
dell'Italia mentre i partiti, aimè, segnano il passo con un grave
rischio di scollamento dalla realtà. |
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