Sull'uso delle primarie
  politica - di Luisa Laurelli
 
 
 

Si potrebbe dire alla luce degli ultimi eventi politici, che di primarie si può morire. E' ciò che rischia il Partito Democratico che è il primo ed unico partito italiano ad avere assunto nello Statuto  l'obbligo di effettuare le primarie per la scelta dei dirigenti di partito e dei candidati alle cariche istituzionali (consiglieri, parlamentari...).

Ma andiamo con ordine. Le primarie del PD nascono con il partito su input di Veltroni, allora candidato a premier e primo segretario scelto con le primarie. Si voleva un'investitura plebiscitaria, che c'è stata, per chi avrebbe dovuto contrastare Berlusconi e il centro destra al governo. Sappiamo che nonostante gli sforzi fatti le elezioni politiche furono perse ma Veltroni fu votato alle primarie da tre milioni e mezzo di persone. Dopo pochi mesi però si dimise da segretario del PD denunciando l'impossibilità di gestire un partito correntizio preso da fuoco amico, dimostrando così la fragilità delle primarie. Puoi essere scelto dal popolo ma poi gestisci il partito con i "soliti dirigenti".

Io sono e sono stata una sostenitrice convinta delle primarie sempre, contro i caminetti e gli incontri di vertice sintomo di esclusione, di ristrettezza, di inciuci, di scambi riservati a pochi.

Ricordo ancora il giorno dell'Epifania di due anni fa quando con un gruppo di persone ho portato sacchi di carbone sotto la sede del PD nazionale quando si tentava di non fare le primarie.

Dopo questi anni di esperienza sul campo, credo sia arrivato il momento di fare una sincera riflessione ad evitare che lo strumento delle primarie venga usato non più come strumento di partecipazione democratica ma come arma per la lotta tra persone e cordate.

Già la pessima esperienza di Napoli dove si fecero le primarie per la scelta del candidato sindaco annullate per presunto inquinamento del voto da parte della camorra, mise in luce la difficoltà di impedire fenomeni così gravi. Lo statuto del PD ha aperto a tutti i cittadini la possibilità di votare alle primarie ma non dice cosa si può fare per prevenire ed impedire fenomeni di inquinamento delle stesse da parte di corrotti o delinquenti che hanno interesse ad infiltrarsi nella politica e a condizionarne le scelte. Per un partito che ha un serio codice etico, il caso di Napoli fu un vero e proprio schiaffo in faccia raddoppiato quando una larga maggioranza scelse De Magistris dell' IDV quale candidato sindaco, poi eletto.

Sono seguite poi le primarie per la scelta dei candidati sindaco di Milano, di Cagliari e alcuni giorni fa di Genova. Nelle prime due città di centro destra si doveva cercare di far tornare a vincere il centro sinistra e perciò la scelta del candidato sindaco era assolutamente importante: non si doveva sbagliare se si voleva centrare l'obiettivo. A sorpresa, contro ogni pronostico, hanno vinto candidati di altri partiti e il PD ha dovuto subire l'esito delle primarie.

Dunque le primarie decise e pensate dal PD come possibilità di scelta offerta a tutti i cittadini senza limite di iscrizione e di voto, né per il PD né per gli altri partiti di centro sinistra, hanno decretato la scelta risultata poi vincente alle elezioni vere, nelle quali sono stati eletti sindaco di Milano Pisapia e sindaco di Cagliari Massimo Zedda.

E veniamo a Genova dove in primavera si rinnova l'amministrazione comunale dopo la gestione del centro sinistra guidato da Marta Vincenzi. Mi domando se è stato giusto sottoporre alle primarie un sindaco che esce dal primo mandato, che dovrebbe gestire un ovvio secondo mandato visto che chi amministra grandi città non può in soli cinque anni portare a termine il suo programma. Mi domando ancora se è intelligente ed utile che il PD (e non è la prima volta che  succede) candidi alle primarie un'altra persona del PD contro il sindaco uscente dello stesso partito. Penso che sarebbe stato più serio decidere dentro il PD di non svolgere le primarie rinnovando la candidatura della Vincenzi e, nel caso di una candidatura contrapposta alla sua, che si lasciasse agli iscritti del PD la scelta tra la Vincenzi e la Pinotti. Se quest'ultima fosse stata scelta dalla maggioranza, solo allora si sarebbero dovute svolgere le primarie di coalizione per la scelta del candidato sindaco. C'è un proverbio che dice che tra i due litiganti il terzo gode e a Genova è successo proprio così. Alle primarie ha vinto Doria e speriamo che alle elezioni vere sia in grado di far rivincere il centro sinistra.
Non basta l'esperienza negativa di Genova perché la storia rischia di ripetersi a Palermo, aggravata dal fatto che Rita Borsellino scelta dal PD e dagli altri partito del centro sinistra, va alle primarie avendo contro almeno altri due candidati dello stesso PD.

Comportamenti all'apparenza demenziali del più grande partito del centro sinistra (quello che ha più voti), hanno però una spiegazione chiara che sta dentro ai vizi strutturali propri del PD  ereditati dai DS e dalla Margherita. Si chiama correntismo ed individualismo esasperato che mina la credibilità del partito e dei suoi dirigenti. Si candidano le persone per "pesare" i consensi del singolo e della corrente, in vista di future campagne congressuali o elettorali, senza alcun interesse per il partito inteso come un collettivo che lo "vive" nell'interesse generale dei cittadini. Il risultato negativo delle primarie viene sminuito e sottovalutato, i dirigenti compreso il segretario, macinano persone ed esperienze  e vanno avanti a prescindere.

C'è poi l'appropriazione dei primi posti nelle diverse liste dei candidati alle primarie come è successo di recente nel Lazio dove si è scelto il segretario di partito. Qualcuno mi spieghi perché sono state fatte più liste per sostenere lo stesso candidato e perché nelle liste abbiamo visto ben posizionati i soliti noti: parlamentari, consiglieri comunali, provinciali, regionali…Ma la scelta dei componenti dell'assemblea regionale del PD non doveva garantire il rinnovamento della classe dirigente con l'innesto di rappresentanti della "società civile" tanto evocata quanto schizzata nei fatti da un modo  pessimo di intendere la politica? Enrico Gasbarra neo segretario del PD del Lazio - a cui facciamo i migliori auguri per il prossimo futuro - dovrà stare a comporre l'esecutivo e i gruppi di lavoro con il bilancino delle liste delle primarie, cioè di aggregazioni dei capi corrente, o dovrà, come a tanti sembra indispensabile, rivoltare il partito come un calzino per farlo ripartire su basi completamente nuove dopo due anni di inutile commissariamento? Gasbarra ha di fronte a sé una realtà istituzionale e politica nel Lazio assai pesante, visto che in poco più di due anni il centro sinistra ha perso molti Comuni tra cui Roma, Frosinone  e Viterbo e ha perso clamorosamente la Regione Lazio addirittura in mancanza della lista PDL a Roma e provincia.

Mi domando quando, come e se arriverà mai il momento del cambiamento dentro il PD e negli altri partiti. Mi chiedo cosa dovrà succedere perché la politica cominci a preoccuparsi del più grande partito italiano del momento (30%) composto da elettori che non vogliono andare più a votare.

Il governo nazionale con Mario Monti sta davvero cambiando la faccia dell'Italia mentre i partiti, aimè, segnano il passo con un grave rischio di scollamento dalla realtà.
 


 
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