Una proposta per contribuire a mantenere i partiti politici nella sfera di legalità
  politica - di Francesco de Ficchy  
 
 
Lo scopo nell’associarsi in partiti politici ex articolo 49 della Costituzione italiana è quello di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Una norma costituzionale che secondo gran parte della dottrina “pubblicista”, necessita di una relativa legge di attuazione, analoga a quella invocata per le organizzazioni sindacali.

Nello sviluppo della nostra democrazia i partiti hanno acquisito sempre più una importanza prevalente tanto da essere un punto di riferimento per tutte le decisioni non solo politiche, ma anche amministrative. Soprattutto con particolare riferimento al legame oramai indiscutibile tra le nomine di alti dirigenti sia delle amministrazioni statali, sia di altri enti pubblici.

Quindi si sente l’esigenza di una responsabilizzazione degli stessi partiti in relazione all’attività di chi opera in nome e per loro conto. Si tratta di una necessità parallela a quella avvertita nell’approvazione del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Tale normativa ha previsto un nuovo modello di responsabilità per prevenire la commissione di reati all’interno degli enti collettivi e delle persone giuridiche con la finalità di mantenere la loro azione all’interno della sfera della legalità.

A maggior ragione tale necessità deve essere prevista con riferimento ai partiti proprio per il loro importante concorso alla vita democratica del Paese. Questo è il proposito che ha mosso i deputati Tabacci, Pisicchio, Calgaro e Mosella nel presentare nel corso dell’attuale legislatura la proposta di legge 3615 con l’intento di introdurre una disciplina sulla responsabilità amministrativa dei partiti politici.

La proposta nei suoi 14 articoli, introduce la responsabilità dei partiti politici per i fatti costituenti reato commessi a loro vantaggio da persone che rivestono una posizione apicale nel partito in termini di rappresentanza, amministrazione e direzione.
Allo stesso modo ex art. 4, rileva la responsabilità del partito per l’attività illecita di quanti esercitano, anche solo di fatto, attività gestionali riconducibili allo stesso nonché da persone sottoposte alla direzione e vigilanza dei citati soggetti.

Ne emerge un quadro che vede un’ampia responsabilità dei partiti anche (ex art. 8 della suddetta legge) in ragione della sua previsione in caso di estinzione del reato per causa diversa dall’amnistia oppure addirittura quando l’attore del reato rimanga ignoto o sia non imputabile.

Seppur generiche, sono previste ex art. 5, le cause di giustificazione, in presenza delle quali il partito è esente da responsabilità. In particolare lo stesso non risponde “se prova di aver istituito un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire il reato perseguito nella specie e un organismo che vigili sul funzionamento di detto modello.

Il commentatore di tale proposta non può che dare una valutazione positiva alla parte della proposta di legge che prevede sanzioni pecuniarie ed interdittive nei confronti del partito politico che venga chiamato a rispondere del reato commesso da un suo dirigente.

Particolarmente efficace risulta la previsione all’art. 11 dell’esclusione da agevolazioni e finanziamenti a favore del partito per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a due anni, in caso di profitti di rilevante entità.

Non sembra peraltro che per tale proposta presentata in data 8 luglio 2010, sia stato scelto un canale di discussione privilegiato, in quanto non ancora calendarizzata.

Francesco De Ficchy
francesco.deficchy@gmail.com

Studente di giurisprudenza iscritto al quarto anno presso la Luiss Guido Carli.

 





 
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