Articolo 18: una battaglia che dura da 10 anni
  politica - di Vittorio Strampelli  
 
 
Ci mancava pure il Wall Street Journal. In un recente editoriale, anche il quotidiano newyorkese se l’è presa con l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: “la più grande minaccia dell’economia italiana - si leggeva in un editoriale a firma di Matthew Melchiorre, doicente alla filiale bolognese della John Hopkins University - non è il debito pubblico ma l’articolo 18”. Secondo Melchiorre, queso “relitto degli anni ‘70” sarebbe un freno alla crescita del Paese e la causa perversa di ciò che dovrebbe prevenire: la disoccupazione.



L'articolo 18 contribuirebbe, dunque, alla complessiva rigidità del mercato del lavoro italiano. E rigidità, si sa, è termine opposto a "flessibilità", qualità che in campo lavorativo è considerata da molti, dati alla mano, uno degli snodi fondamentali per il futuro dell'economia italiana. Eppure, come sempre un risultato può dipendere dai dati che si è scelto di tenere in considerazione, e dati diversi possono portare a conclusioni diverse.

Ad esempio, l'indice Employment Protection Legislation (EPL) calcolato dall'OCSE, misura il grado di regolamentazione del mercato del lavoro relativamente alla protezione dell'impiego nei diversi Paesi occidentali, con valori compresi tra 0 (rigidità minima) e 6 (rigidità massima). Ebbene, nel 2009 l’EPL registrava una caduta verticale dell’Italia, passata da un valore di 3,57 nel 1990 a uno di 1,89 nel 2008, piazzandola al quarto posto nei Paesi con il minor grado di rigidità (e dunque con la maggiore flessibilità) e addirittura al primo tra i Paesi dell'Eurozona, visto che risultati migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) li ottenevano solo Stati Uniti (0,21), Regno Unito (0,75) e Giappone (1,43). Insomma, in Italia la legislazione, con l’applicazione delle riforme Treu e Biagi che hanno facilitato l’ingresso e l’uscita dal mercato del lavoro attraverso l’uso di forme contrattuali atipiche con bassa tutela, ha già reso molto flessibile il mercato del lavoro. Ben di più di altri Paesi come la Germania e la Francia, che registrano valori dell’indicatore EPL più alti: 2,12 in Germania e 3,05 in Francia.

Flessibilità a parte, la battaglia che si sta consumando attorno all’art. 18 e alla sua possibile riforma non è certo una novità del governo Monti, perché la prima dichiarazione di guerra a questa norma, che stabilisce il reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa, risale addirittura al 2001, con Antonio D’Amato presidente di Confindustria e il secondo governo Berlusconi appena insediato. Il primo round si concluse probabilmente il 23 marzo 2002, quando l’allora segretario generale della Cgil Sergio Cofferati, portò al Circo Massimo tre milioni di persone, in quella che è passata alla storia come la più imponente manifestazione sindacale di tutti i tempi.

Già dieci anni fa, tuttavia, si mettevano in dubbio i reali benefici di una riforma, per non dire un’abolizione, dell’articolo 18 sulla crescita dell’economia italiana e del suo tessuto di piccole e medie imprese. Lo faceva, ad esempio, il prof. Giuseppe Marotta, docente di economia presso l’Università di Modena e di Reggio Emilia, che in un articolo del 2002 evidenziava “l’esigua, per non dire impalpabile, evidenza empirica che potrebbe giustificare interventi di modifica all’art. 18”, e si stupiva della scarsa attenzione prestata ad altre e ben documentate “determinanti della crescita delle imprese".

Tra queste, Marotta segnalava in particolare la ridotta trasparenza del mercato italiano rispetto al resto d’Europa e agli Stati Uniti, conseguenza della riforma dei reati societari (Legge n. 61/2001). Ad esse, varrebbe la pena di aggiungerne altre, ben conosciute e sotto gli occhi di tutti, come l’eccessiva burocrazia, l’inadeguata protezione sul territorio dal pizzo e dalla malavita, la scarsa trasparenza nelle gare d’appalto, i ridotti incentivi fiscali agli investimenti...  Non sarebbe il caso di concentrarsi anche su questi aspetti, invece di prendersela solo con il tanto bistrattato articolo 18?

Fonti:
Unemployment dynamics during recessions and recoveries, International Monetary Fund, Cap. 3, 2010.
Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e crescita dimensionale delle imprese. Quale evidenza empirica?, Giuseppe Marotta da Diritto delle Relazioni Industriali, XII, 3, pp. 428-34, 2002.

 






 
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