Da sempre nel cinema la scelta dei luoghi in cui ambientare le scene che ci si accinge a raccontare è stata fondamentale. Negli ultimi decenni, però, si è assistito ad una maggiore valorizzazione della città, che da semplice background diviene spesso personaggio vero e proprio del racconto. Ne è un esempio lampante New York, la Grande Mela. Innumerevoli sono stati nel corso degli anni i film e i telefilm ambientati nelle sue strade. Chi di noi non ha mai visto sul grande schermo due persone passeggiare a Central Park, oppure chiamare uno di quei taxi gialli semplicemente sporgendosi con il braccio sulla strada. Come non ricordarsi delle scene che hanno visto protagonista uno dei maggiori simboli di questa città: l'Empire State Building. Basti pensare alla scena in cui il grosso gorilla King Kong riesce a liberarsi dalle catene e si tiene sul tetto dell'edificio, o a Spider-Man, che dal medesimo luogo osserva e veglia sulla città. Oppure alle due serie televisive Friends e Sex and the city, che costituiscono praticamente un omaggio alla città di New York e ne raccontano i luoghi più nascosti e gli usi più diffusi dei suoi abitanti. Per non parlare di film come Colazione da Tiffany e American Psyco. Eppure attraverso il cinema si può andare ben oltre. E' sempre stato detto che con una macchina da presa, e le tecnologie innovative ormai sempre più diffuse, si può mostrare allo spettatore anche ciò che non esiste trasformando completamente la realtà. E allora ecco che il cinema ci ha permesso di vedere New York sotto un altissimo manto di neve e la Statua della Libertà spuntare a malapena dai ghiacci (The day after tomorrow di Roland Emmerich) oppure veder trasformare Manhattan in un enorme penitenziario (è il caso di Fuga da New York di Carpenter). Ma non solo. Ci è accaduto anche di vederla completamente distrutta. Chi non ricorda The Matrix nel '99 o Artificial Intelligence del 2001 o l'incredibile scenografia del recente Io sono Leggenda, che ci mostra una New York nel 2012 trasformata in una metropoli spettrale completamente deserta in cui il protagonista ha imparato a vivere. La decisione di ambientare le storie, soprattutto catastrofiche, nelle grandi metropoli appare ovvia: scegliendo città estese e densamente abitate, ma soprattutto fortemente presenti nell'immaginario collettivo, si permette in modo più semplice allo spettatore di immedesimarsi nei personaggi e nella storia, di suscitare interesse e di chiedersi: e se capitasse davvero? Anche la scelta di utilizzare la maggior parte delle volte i simboli di queste metropoli, che siano edifici famosi o monumenti, contribuisce ad elevare il livello di realismo del racconto facendo spesso diventare la città la protagonista. Oltre a questo genere di film vi sono poi quelli che invece raccontano la stessa come luogo di scambio culturale e di incontro, come centro in cui diverse storie si scontrano e si mischiano fra loro. Esempio lampante il film Sognando Beckham del 2002 di Gurinder Chadha, che racconta la storia di una famiglia di indiani immigrati in Inghilterra che devono fare i conti con la società inglese. Una casa in un quartiere diventa il luogo in cui la tradizione indiana della famiglia viene raccolta e tutelata, fino all'inevitabile “contaminazione” con gli usi europei. E spesso, allo stesso modo, nel cinema viene raccontato questo incontro, questo convivere di universi molto differenti nella stessa realtà, lo scambio continuo tra coloro che abitano le città di usi, tradizioni e culture. Forse il cinema è uno dei pochi mezzi che riesce a raccontarci le città per quello che sono, contenitori di diversità, per quello che sono state, permettendo di ricostruirne le vecchie caratteristiche, per quello che saranno e che forse non saranno mai.