Il migrante moderno
ripensare l’essere in termini di senso di appartenenza

  turbamenti - di Gian Carlo Grassi    
 
Mi sforzo per entrare in contatto con quello che sono, nel senso più primordiale, con il mondo da cui provengo per conquistare un’identità che è l’identificarsi con se stessi. Ciò costituisce il valore determinante per una completa coscienza di sé, dove ci si approssima al fine (forse l’ultimo) di un’esistenza libera perché consapevole. L’ambiente in cui sono inserito è una condizione di possibilità per la realizzazione di tale emancipazione e questo non significa che la conquista della libertà sul piano sociale necessariamente coinciderà con quella profondamente personale in questione. Al contrario, la responsabilità verso noi stessi, là dove siamo liberi di muoverci e scopriamo l’opportunità di conoscere sempre di più, ci spinge verso una forsennata ricerca del nuovo, del non conosciuto appunto. Tutto ciò altro non è che l’effetto essenziale della comunicazione globale che è a sua volta il prodotto della tecnica. Infatti, dovunque ci si trovi, non solo sappiamo che potremmo essere da un’altra parte ma possiamo ricavare altresì l’idea, ovvero uno spaccato concreto di quell’altra parte.
Potrei riferirmi al migrante, all’italiano che partiva e cercava fortuna nella terra promessa. Ma che cos’era la terra promessa? C’erano vite piene di coraggio relegate in strutture secolari e c’era l’idea immaginifica di un mondo nuovo, migliore, fertile, dove poter depositare le proprie speranze, l’idea che nasceva e poi si alimentava attraverso quella forma di comunicazione grezza che è il dire per sentito dire. Invece no. Non mi riferisco a questo perché il migrante moderno ha una consapevolezza differente. Il migrante moderno ha a disposizione dei mezzi diversi: egli sa e vuole di più, quindi si dirige verso la metropoli straniera con intenzioni più precise. Al migrante moderno non gli basta più perché là ci sono tante più opportunità, là c’è il mondo, quello vero, lo sa, c’è il progresso, e questo qui, il mondo da cui proviene, non è altro che il surrogato di quello là. Lo sa non solo perché gli è stato detto ma perché lui stesso lo ha esperito; egli continua ad esperirlo tutti i giorni e matura un senso di non appartenenza nonché di disorientamento.
Quel migrante sono io e tutti quelli come me. Sono spaesato e lo sono nel senso etimologico del termine. Io che lotto tutti i giorni con me stesso e con tutto quello che il mondo di oggi mi consente di conoscere. Quel mondo che sta cambiando e che non può continuare a farlo senza di me. Sono qui e potrei essere da un’altra parte. Tante opportunità, infinite, che a volte non so come gestire. Devo partire verso quei posti dove le cose accadono perché qui nella mia città non c’è niente, è inutile.
C’è un termine tedesco, Heimat, che non ha un corrispettivo in italiano e viene in qualche modo tradotto come “piccola patria”. Ci si riferisce a quel sentimento verso il luogo in cui siamo nati e cresciuti che non è la nazione o la Zacinto di Foscolo, ma è qualcosa di più circostanziato nonché di più intimo. E’ quel posto da cui provengo io e solo io e dunque mi appartiene in maniera privata e privilegiata e ciò che provo è più bello quanto più doloroso. E’ da questo termine che Heiddegger ricava la categoria dell’heimatlosigkeit, traducibile come “l’essere senza patria”, per descrivere la condizione dell’uomo nell’età della tecnica dove ormai anche l’etica, lo sforzo di definire cosa dovrebbe essere l’uomo, rimane qualcosa di succedaneo e inefficace che non riesce ad offrire risposte adeguate. Egli scopre come unica soluzione “il pensiero dell’essere”, ovvero il ripensare l’essere non catturandolo entro una determinazione concettuale, bensì richiamandolo alla memoria cercandone la vicinanza. E’ qui che veniamo rimandati all’heimat, alla ricerca delle radici remote per ritrovare la bussola nel traffico delle possibilità.
E’ ripensando l’essere e ricordandolo sempre che potrò partecipare al progresso del mondo, dovunque mi trovi, senza l’impressione di perdermi qualcosa.
 
 
- la rivista on-line (pdf)
- eventi & recensioni
- profili artisti