l’Architectural Video Mapping
e la mancanza di certezze.
 
avant garde - di Allegra Albani
 
 
 
Tornando a casa, distratta dallo spontaneismo gretto di una via antica che si staglia davanti a me con noncuranza rispetto alla città caotica in cui oggi è immersa, e di cui un tempo fu genitrice, ascolto la radio.
Lo speacker parla dell’inaugurazione avvenuta il 31 Maggio, delle due esposizioni Milanesi che rendono omaggio all’artista anglo-indiano Anish Kapoor: un’antologica alla Rotonda della Besana (via Besana 12), in cui sono messe in mostra le sculture realizzate dall’artista negli ultimi dieci anni, in programma fino al 9 ottobre; e “Dirty Corner”, installazione site-specific creata apposta per il capoluogo lombardo, in mostra alla Fabbrica del Vapore (via Procaccini 4) fino all’8 gennaio 2012 (tutte le info su http://www.anishkapoormilano.com).
Segue l’intervista dell’autore, che parlando dei suoi lavori, in continuo dialogo tra bidimensionalità e tridimensionalità, parla dell’arte contemporanea come strumento necessario d’interpretazione del reale quotidiano.
Per un momento tolgo lo sguardo dalla strada. Ero convinta che l'arte visiva attraversasse oggi una profonda crisi di identità. Dal carattere ambiguo, metamorfico, racchiudente una pluralità di significati non necessariamente concordanti, sfuggevole ad una definizione univoca, come l'araba fenice morta e risorta dalle sue ceneri parecchie volte, persa nei linguaggi di nuove tecnologie digitali.
Tornata a casa, ripenso alle parole dell’artista anglo-indiano. Chiamo al telefono un mio amico, un visual artist, affinché mi accompagni come Virgilio attraverso il territorio futuristico delle moderne forme di arte visuale, territorio che, sebbene da me ampiamente esplorato, non posso ancora definire conosciuto.
Il nostro viaggio comincia da un suo lavoro recente, l’animazione di due tunnel dell’ex fornace di laterizi di Trebisacce, attraverso proiezioni sonorizzate e un video-mapping della ciminiera (http://www.vjluis.com/).
Guardando insieme le immagini, mi spiega che l’Architectural Video Mapping è una tecnica sperimentale di videoproiezione che permette di delineare le geometrie di un oggetto o di un'architettura utilizzando dei contenuti video tridimensionali che ne enfatizzano la struttura stessa. Uno strumento capace di modificare la percezione sensoriale dell’oggetto architettonico che ci si trova di fronte, trasformandolo, in base alla sensibilità dell’artista in cosa altra, anche in poesia.
Continuiamo. Guardiamo, commentandoli, altri filmati appartenenti agli artisti contemporanei che in Italia si occupano di questo tipo di manipolazione dello strumento reale attraverso codici informatici, i Pixelorchestra (http://www.pixelorchestra.com/), gli Apparati effimeri (http://www.apparatieffimeri.com/), Claudio Sinatti (http://www.claudiosinatti.com/) e molti altri, che operano attraverso le loro installazioni visive, un’importante rivoluzione dei mezzi espressivi.
Non si tratta solo di proiezioni ma di manipolazione di filmati in real time, di interazione totale tra l’io e la proiezione visuale (si veda a questo proposito lo spettacolo teatrale Chunky Move's Mortal Engine) della rottura del binomio qui ed ora che si ha con l’ologramma, utilizzato recentemente tra le polveri di un importante teatro romano, nello spettacolo di Emiliano Pellissari, “Cantico II”, la cui novità acora oggi è per me fonte di meraviglia. E così via.

Passando da un’immagine ad un'altra, dalle proiezioni sul tempio di Adriano al festival delle luci di Berlino, mi accorgo che, prima della mia ricerca, ero inconsapevolmente incappata nello stereotipo, nell'espediente retorico, come rassicurante sostitutivo di una conoscenza ancora carente.
Avevo ceduto alla tendenza ad identificare la tecnica digitale con l'opera d'arte astratta, aniconica, facendo coincidere concetto e tecnica in un'arte che diventa contenuto ed espressione di se stessa, con il preconcetto secondo il quale l'enorme potenziamento del potere comunicazionale dell'opera d'arte prodotta digitalmente dovrebbe necessariamente abbassarne il valore culturale.
Al contrario, ora, riconosco il valore apotropaico di questa nuova forma d’arte, poiché l’indispensabile maturazione linguistica dei mezzi digitali è di fatto la via per attenuare quella componente eversiva che ha posto in discussione le certezze estetiche dell'arte senza sostituirle con criteri certi, ed è proprio in questo che l'arte digitale assurge a divenire quindi, il segno privilegiato di una contemporaneità che nulla ha di certo. Aveva ragione Kapoor.

   
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