MONEY MAKES THE WORLD
Dal capitalismo alla decrescita di Serge Latouche.
  di Michele Centorrino
 
 
Questo nostro mondo cambia in continuazione, sotto ogni aspetto sotto ogni forma. La fine del secolo breve ci ha spinti nel XXI con alle spalle apice, rovina e rinascita dell’uomo. Attraverso guerre sanguinose, invenzioni eccezionali, siamo passati dal toccare il fondo più volte al raggiungimento delle vette più alte e nobili della storia. Il superamento dei limiti, la sfida tecnologica, ci ha portati nello spazio, come nell’infinitamente piccolo, ma dalla fine dagli anni ‘80 in poi una sorta di cappa sembra aver rallentato tutto. Questa fase stantia durata un paio di generazione, soprattutto in ambito economico, potrebbe essere superata nonostante una stagflazione persistente.
Infatti uno dei fattori interessanti da seguire è senza dubbio quello economico. Da sempre l’economia come la intendiamo governa il mondo, decidendo di fatto su tutto, guerra e pace comprese, stabilendo confini che vanno oltre quelli geografici.
Da anni economisti teorizzano un cambiamento di direzione che potrebbe essere decisivo per il nostro pianeta: il passaggio dal vecchio capitalismo alla decrescita.
Questa sì può essere una vera rivoluzione dei nostri tempi, una scelta innovativa e coraggiosa che può e deve compiersi. Il capitalismo delle democrazie moderne ha dimostrato di essere molto vulnerabile a speculazioni, lobby e interessi di pochi, non è più all’altezza dei nostri tempi, il continuo sfruttamento delle risorse, il rincorrere un aumento del PIL che ormai non coincide più con il benessere dei popoli.
Veniamo allora alla decrescita, non nuova teoria economica ma sconosciuta ai più, è stata ideata dal fondatore della bioeconomia Nicholas Georgescu-Roegen e oggi portata avanti da Serge Latouche professore emerito di Scienze Economiche all’Università di Parigi XI.
Latouche interpreta l’economia da un punto di vista antropologico ed è uno dei massimi esponenti della lotta all’economicismo sviluppalista e grande sostenitore della decrescita.
Partendo dal presupposto che il sistema economico, come viene largamente inteso, si basa sullo sfruttamento di risorse non rinnovabili, in particolare nel settore energetico, dimostrando di fatto l’inadeguatezza del principio di crescita illimitata del PIL, la teoria della decrescita vi si contrappone affermando che solo la decrescita della domanda può permanentemente combattere il gap di domanda. Per le risorse rinnovabili, la domanda, e quindi la produzione, deve essere abbassata a livelli che prevengano l'esaurimento e siano sostenibili per l'ambiente.
Questo concetto supera anche lo sviluppo sostenibile considerato un ossimoro in quanto qualunque sviluppo basato su una crescita in un mondo dalle risorse finite e ecologicamente stressato è visto come strutturalmente insostenibile. Inoltre grande rilevanza ha l’aspetto sociologico dello studio di Serge Latouche, il quale individua una forte inadeguatezza della nostra struttura societaria, basata su uno sviluppo che accresce l’ineguaglianza sociale, dove la ricchezza è in mano a pochi invece di essere distribuita su ampia scala per la crescita del benessere e degli standard di vita.
Il cambiamento quindi deve partire dal basso iniziando a modificare comportamenti comuni, abitudini, modo di pensare e soprattutto di consumare.
Un nuovo difficile modo di fare economia, con maggiore lealtà tra i popoli, è possibile attuando quello che il professore parigino chiama:

IL PROGRAMMA DELLE “OTTO R”
Si può sintetizzare tutto ciò nel programma delle “otto R": Rivalutare, Riconcettualizzare, Reinquadrare, Ristrutturare, Rilocalizzare, Redistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare.
Questi otto obiettivi interdipendenti scatenano un circolo virtuoso di decrescita serena, conviviale e sostenibile. Rivalutare significa rivedere i valori ai quali crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita. I valori che vanno portati avanti e che dovrebbero prendere il sopravvento rispetto a quelli dominanti sono: l'altruismo che dovrebbe prevalere sull'egoismo, la cooperazione sulla concorrenza sfrenata, il piacere del tempo libero sull'ossessione del lavoro, l'importanza della vita sociale sul consumo illimitato, il locale sul globale, il gusto di una bella opera sull'efficienza produttivista, il ragionevole sul razionale, ecc. La scelta di un'etica personale differente, come la semplicità volontaria, può invertire la tendenza e non è da trascurare. Va anche incoraggiata ma senza una rimessa in discussione radicale dello stesso sistema la Rivalutazione rischia di essere limitata.
Ristrutturare significa adattare l'apparato produttivo e i rapporti sociali in funzione del cambio dei valori. Rilocalizzare vuol dire produrre localmente ciò che occorre alla soddisfazione dei bisogni della popolazione a partire dalle imprese del posto finanziate dal risparmio raccolto localmente. Ridistribuire è da intendersi nell'ottica della ripartizione delle ricchezze e dell'accesso al patrimonio naturale. Ridurre vuol dire ridurre gli orari di lavoro, ma anche diminuire l'impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e consumare. Ridurre il nostro consumo materiale fino a che ritroviamo l'impronta ecologica corrispondente a un pianeta. Per fare ciò, riutilizzare invece di buttare gli oggetti e gli utensili di uso comune, e anche riciclare gli scarti incomprimibili delle nostre attività.

 



 
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