Dal Walkman all’I pod.   musica - di Giorgia Mastroianni  
 
 
“Oggi non c’è più la musica di una volta signora mia!”. Come tante frasi fatte questa è più vera che mai, ma anche molto più complessa di quanto non sembri. Negli anni il mestiere del musicista, e l’intero universo della musica, non è semplicemente cambiato, ma si è totalmente rivoluzionato, subendo influenze dovute allo sviluppo delle tecnologie (l’avvento di internet, la creazione e scoperta di nuovi generi etc…). Basta pensare al vecchio walk-man e l’ormai diffusissimo I-Pod! Tempo fa parlavo con un amico che da dieci anni lavora in uno studio di registrazione: cercava di spiegarmi come il mondo discografico si sia sempre più dovuto adeguare al cambiamento dei tempi. Il computer e il bit, come essenza dell’informatica, ha cambiato il lavoro del fonico, dei modi di fare e, ovviamente, di ascoltare musica. Mentre “una volta” servivano giorni e giorni per registrare un brano e, se qualcosa non andava, bisognava registrarlo daccapo, ora si sovrappongo giorni e giorni di editing, di lavorazione sulle voci e sui strumenti. Si giunge così ad una tendenza alla ricerca del “prodotto musicale minuziosamente perfetto”. Con la tecnologia è perciò cambiata la produzione e la fruizione della musica: negli anni si è verificata una vera e propria rivoluzione (tecnologica) musicale. Uno dei fattori determinanti è stato l’introduzione del MIDI (Musical Instrument Digital Interface) ovvero il linguaggio con il quale si “pilotano” la gran parte degli strumenti musicali elettronici.
Si è verificata una ricerca informatica musicale senza tregua, che ha toccato tutti gli ambiti sonori: dall’esplorazione di nuovi approcci alla composizione, al raggiungimento di strumenti virtuali di potenza sempre maggiore giungendo ad una maggior comprensione della natura dell'intelligenza musicale. Certo l’elettronica sembra la miglior rappresentante di questa “musica del futuro-presente”. Sicuramente questo genere è stato, ed è tuttora, un’esperienza di ricerca e rottura: ha quindi le carte in regola per essere definita a suo modo rivoluzionaria. Qui non c’è spazio per descrivere tutte le varie forme che hanno caratterizzato l’elettronica dagli anni 50 ad oggi. Certo è che, da quando nel 1877 Charles Cros inventò la fono-fissazione, le cose “non sono più le stesse”. In un’intervista Francesco Giomi (docente di musica elettronica presso il Conservatorio di Bologna) parla di come le nuove tecnologie abbiano aperto strade nuove, trasformando il suono e gestendo l’informazione musicale nella maniera più ampia possibile. Ci sono però anche dei rischi in questo rivoluzionario progredire, tanto che lo stesso Giomi afferma : “Non credo che esista il compositore come lo abbiamo visto nel secolo scorso e che ha avuto in alcuni grandi personaggi la sua massima espressione, e penso a Berio a Boulez a Ligeti e a Stockhausen. Il compositore in questo senso per me non esiste più. Le tecnologie ed il nuovo modo di fare musica sono cambiate […] Ci sono collettivi, gruppi di lavoro, autori che lavorano con le tecnologie riprendono materiali di altri, il concetto è decisamente cambiato. È in crisi il mestiere di compositore, [...] l’idea autoriale”.
Il personal computer, grazie ai nuovi software, si trasforma letteralmente in una macchina musicale in grado di riprodurre, modificare e comporre musica, mediante studi accuratissimi e, come già detto, tendenti ad una ricerca di perfezione al limite del maniacale. Tutta questa “accuratezza tecnica” rischia però di risultare un po’ minacciosa: un fonico esperto, ascoltando Sympathy For The Devil (pietra miliare del Rock), noterebbe che è quasi interamente registrato “fuori tempo”. È infatti impensabile, oggi, produrre un brano del genere. Quindi sembra proprio che dovremo dire addio alla batteria di Ringo Star o alle “stonature” dell’armonica di Bob Dylan anche se, personalmente, credo che questa sonorità genuina che “c’era una volta” un giorno ci mancherà.
 

 
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