Nei decenni trascorsi, come abbiamo già visto nel numero precedente, la moda, guardando al futuro, proiettava la sua fantasia verso la conquista di nuovi mondi, nuovi spazi da colonizzare con l’ausilio di una tecnologia sempre più avanguardistica. Negli ultimi anni però, qualcosa è cambiato. Nel rivolgersi al domani, ciò che sembra emergere è la necessità sempre più impellente, di riuscire a recuperare le origini delle nostre radici di esseri umani, piantati su un pianeta che ha sempre più bisogno del risveglio delle coscienze. Il nuovo millennio ha portato con sé i presupposti per un cambiamento di rotta che non vuole più assimilare il fashion system al concetto di consumismo spasmodico fine a se stesso, insensibile a tutte quelle tematiche etiche, ecologiche, umanitarie, che fino a qualche tempo fa sembravano essergli del tutto estranee.
Consumo responsabile, questo è l’obiettivo di una nuova tendenza che sta emergendo con forza sempre maggiore dal cuore di una moda che si tinge di verde: la moda critica, la moda etica.
In tutti gli angoli del pianeta stanno fiorendo brand che accanto alla connaturata ricerca per l’estetica ed il design, pongono come base della loro filosofia, la creazione di capi che nascano da una filiera produttiva rispettosa dell’ambiente e dei diritti dell’uomo.
Migliorare la vita delle comunità appartenenti alle realtà più emarginate del terzo mondo è uno degli scopi di marchi come People Tree, che vedono nel recupero delle abilità artigianali di queste popolazioni, un opportunità concreta di sviluppo sostenibile. Una moda che emerge dal basso, e che dal basso prende vigore per opporsi alla realtà sempre più frenetica e spersonalizzante della fast fashion. Vero è che anche colossi come H&M, Gucci, Adidas,per fare qualche esempio, sembrano non essere del tutto insensibili a questo giusto risveglio, lo dimostrano capsule collection di capi ed accessori interamente realizzati con materiali riciclati ed organici di origine vegetale.
Tra le iniziative nate con lo scopo di promuovere i principi della moda etica, una delle più importanti è sicuramente quella dei tedeschi Frans Prins, Gereon Pilz van der Grinten e Rostislav Komitov : THEKEY.TO.
Inaugurato nel 2009 a Berlino come primo evento internazionale dedicato interamente alla green fashion,THEKEY.TO è ora divenuto una vera e propria piattaforma per la sostenibilità. Oltre ad ospitare nei suoi saloni eco-brand provenienti da tutte le parti del pianeta, organizza una serie di eventi collaterali che mirano a sensibilizzare in misura sempre maggiore sia i consumatori che le aziende.
Isola della moda è invece un esempio tutto italiano di come anche la moda può intervenire concretamente per la salvaguardia dell’ambiente. Laboratorio creativo nato nello storico quartiere Isola di Milano, Isola della moda, ha come scopo quello di promuovere le piccole e micro imprese che costituiscono la loro realtà attorno ai valori di sostenibilità ecologica, economica e sociale.
Recupero dei materiali quindi, ma contestualmente anche recupero delle proprie origini, attraverso la valorizzazione di preziose realtà sartoriali locali, capaci di dar vita a pezzi unici, caratteristici e caratterizzanti che portano con sé l’estetica del futuro, accompagnata dalla veritàdelle tecniche del passato.
La tecnologia si fa strumento di primaria importanza per sostenere questa battaglia, messa a disposizione delle coscienze risvegliate dal richiamo ecologico, dà il meglio si sé, offrendo al mercato “sensibile” delle alternative concrete. Lunga è infatti la lista dei nuovi materiali sostenibili: la seta Ahimsa ricavata dalla bollitura dei bozzoli privi del baco, la fibra di latte, quella di ortica e ancora quelle derivate dalle foglie del banano, dell’ananas e del bambù.
Migliorare la vita dell’uomo e quella del suo ambiente, ridisegnare la mappa dei principi su cui instradare le regole del mercato, questi sembrano essere i nuovi obiettivi, le nuove tendenze di questo giovane millennio, tendenze che per rispetto del pianeta e di noi stessi, dovrebbero sempre rimanere “en vogue”.