Ritorno al presente…le interviste impossibili
“Tutto finisce affinché tutto ricominci,
tutto muore affinché tutto viva”
 
ritorno al presente ...
di Filippo Gherardi
   
 
Il numero di questo mese di Turboarte avrà come filo comune il tema de “I 4 elementi della natura, le energie rinnovabili ed il riutilizzo delle materie riciclate”. Per questo motivo, nel consueto appuntamento con la rubrica “Ritorno al presente…le interviste impossibili”, abbiamo deciso di ri-dare voce a Jean-Henri Fabre, entomologo e naturalista francese, vissuto tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo e considerato da molti il padre dell’entomologia. Alcune opere dello stesso Fabre hanno ispirato anche Charles Darwin e la sua teoria dell’evoluzione delle specie animali e vegetali. Un personaggio sicuramente più remoto(Fabre è morto nel 1915) e meno “glamour” rispetto ai protagonisti avuti sin qui in queste stesse righe (Lennon, Kubrick ed Einstein ndr), ma senza ombra di dubbio una delle menti più illuminate nella storia dell’intero panorama europeo.
“Voi sventrate gli Animali e io li studio vivi. Voi ne fate oggetto di orrore ed io li faccio amare. Voi lavorate in un laboratorio di torture ed io osservo sotto il cielo azzurro al canto dei grilli e delle cicale. Voi sottomettete ai reattivi il protoplasma e le cellule ed io studio l'istinto in tutte le sue manifestazioni. Voi scrutate la morte ed io analizzo la vita”.
Una vita, quella di Fabre, dedicata allo studio della natura e degli animali, e più precisamente degli insetti: “Voglio bene, anzi amo letteralmente quelle piccole creature. Tutti sentono le voci di ciò che amano, anche se sono debolissime. Se faccio ad esempio cadere una piccola moneta per terra, nel mezzo di una strada affollata, sicuramente almeno più di una persona si volterà, perché ci sono tante persone che amano il denaro e che riescono a percepirne il suono anche tra lo strepito più chiassoso”.
Il suo luogo preferito per lavorare sicuramente non un modernissimo studio al chiuso, ma bensì “un semplice pezzo di terra abbandonato e sterile, bruciato dal sole, buono per i cardi e gli imenotteri. Qui, senza timore di essere disturbato da persone di passaggio, posso interrogare il bembice e lo sfecide ...”.
Un amore così viscerale per la natura e per tutto ciò che ne fa parte che si sposa, perfettamente, con la sua spiccata fede religiosa: “Piuttosto di non credere in Dio mi farei scorticare vivo. Lo vedo ogni giorno nei risultati delle sue opere”.
Un’eredità per l’intera società quella che Fabre ha voluto lasciare nelle e con le sue opere: “Tutto quello che ho scritto, l’ho scritto per gli scienziati e per i filosofi che un giorno tenteranno di dipanare l'arduo problema dell'istinto, ma anche per i giovani, ai quali desidero far amare questa storia naturale che molti riescono solo a far odiare”.
 

 
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