Reazione a catena
Una sequenza concatenata di rivolte popolari.
  di Michele Centorrino
 
 
La lotta per il riscatto nasce dalle strade, a volte finisce in roghi, violente ma estemporanee manifestazioni di rabbia pura, altre volte invece si trasforma in vere rivoluzioni.
Partiamo da Parigi, anni fa ormai, dalle Banlieue parte un violento attacco contro la polizia simbolo di una repressione antica, prima i colonialisti e oggi l’autorità.
Passiamo dal Nord d’Africa polveriera esplosa con la rivoluzione di un popolo stufo di essere suddito, dall’Egitto alla Libia, ancora in questi giorni scorre il sangue per le vie polverose di Tripoli e non solo.
Poi in Agosto Londra?! Ebbene si, dopo essere stata al centro dell’attenzione mondiale per il “Royal Wedding” di William e Kate, la capitale Inglese appare sconvolta da roghi e assalti ai negozi. Parte tutto dall’uccisione di un piccolo criminale da parte della polizia nel quartiere di Tottenham, le autorità ci tengono a sottolineare quanto sia multietnico, come a dire pericoloso, problematico e così quello che era un vanto per la città delle mille culture che si arricchiscono tra loro ora è la causa di tutti i mali. Da subito partono manifestazioni di protesta che in breve si trasformano in assalto a commissariati, auto e palazzi interi dati alle fiamme. Seguono 4 giorni di devastazioni che colpiscono tutta la città dal centro alla periferia, i protagonisti sono giovani, giovanissimi che danno alle fiamme e poi spaccano le vetrine di negozi, a volte di lusso, per saccheggiare ciò che non potevano permettersi. Cameron e le autorità inglesi bollano subito la rivolta come semplice occasione per dei teppisti di rubare, la gente si divide tra chi condanna e chi dice che in fondo è da tempo che ci sono forti tensioni sociali che ormai da tempo polizia e abitanti si scontravano in quartieri abbandonati dove non c’è futuro. Sicuramente i furti di oggetti di lusso e non generi di prima necessita sottolineano la frivolezza di questa guerriglia londinese, impossibile dimenticare le foto dei ragazzini che saccheggiano sorridendo alle telecamere per essere immortalati, ma d’altronde siamo a Londra non nel terzo mondo e ci si appropria di quello che non si ha con la violenza se si è costretti dalla mancanza di chance. Un amico qualche giorno fa mi ha detto “vivere a Londra è stupendo, ma se sei Inglese e non hai sangue blu, hai tutte le porte chiuse!” e allora tutto cambia, dietro a quella futile rabbia capisci che c’è un disagio sociale che viene sempre represso e mai ascoltato. Così divampa la guerriglia in tutto il Regno Unito: da Londra a Birmingham, da Liverpool a Manchester, fino a Bristol.
Questa catena di eventi di rivolte mi fanno venire alla mente la sequenza numerica di Fibonacci, succede sempre così, si parte di un “piccolo” episodio scatenante che innesca una inesorabile reazione a catena. La speranza è che dopo la violenza ci sia una analisi perché in futuro non ci sia più bisogno di veder scorrere del sangue per far valere i propri diritti e ricordare le parole di Ernesto Che Guevara, uno che la rivoluzione l’ha fatta per davvero: “Vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena di vivere”.
 






 
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