Anti – piece o anti sequenza teatrale:
“La cantatrice Chauve”

  teatro - di Gabriele Mazzucco  
 
 
E’ il 1952, quando un quarantenne di origini rumene ma francese a tutti gli effetti, fa rappresentare ai Noctambules “La Cantatrice Chauve”. Lui si chiama Eugene Ionescu ed è considerato un autore ai margini. Si presenta così, dando alla sua stessa opera l’appellativo di “anti-pièce”, ed il tutto suona fin da subito come una sfida e una provocazione al panorama teatrale dell’epoca.

Ionesco è però cosciente che con lui sta prendendo forma una drammaturgia fondata sulla difficoltà della comunicazione, caratterizzata da una sottigliezza della trama che stupisce lo spettatore fin dai primi istanti. Tutta la struttura lessicale fin lì conosciuta viene abbattuta a colpi di piccone, sgretolato da questa nuova idea, il linguaggio viene disarticolato e canalizzato tanto verso l’introspezione dei personaggi e dello spettatore, tanto nella formazione di un mondo fantastico e grottesco fatto di oggetti al servizio della parola.
Siamo agli albori del “Teatro dell’assurdo” ma già da questo momento si posso scorgere caratteristiche chiare di quella che diventerà la nuova linfa del teatro di metà ‘900: luoghi comuni, frase fatte, tesi contrastanti, tutto funge da fondamenta per quella che risulterà essere l’anticommedia per eccellenza.
Se definissimo, come spesso viene fatto, la struttura di un testo teatrale come l’articolazione di parole, azioni e pause unite tra loro da un legame numerico, allora non avremmo solo una serie di “variazioni con gusto” bensì una semplice alternanza di numeri.
“La Cantatrice Chauve” è tutto questo al contrario !

E’ come se Ionescu centrifugasse tutto quello che c’era stato fino ad allora, unità, decine, centinaia, sotto forma di significati, rapporti causa – effetto, scene, e li riproponesse come fosse un nuovo teorema.
Lui stesso afferma:
“ « Scrivendo questa commedia (poiché tutto ciò si era trasformato in una specie di commedia o anticommedia, cioè veramente la parodia di una commedia, una commedia nella commedia) ero sopraffatto da un vero malessere, da un senso di vertigine, di nausea. Ogni tanto ero costretto ad interrompermi e a domandarmi con insistenza quale spirito maligno mi costringesse a continuare a scrivere, andavo a distendermi sul canapè con il terrore di vederlo sprofondare nel nulla; ed io con lui. »
Un demone certo, o perché no un Dio, un’entità superiore che si impossessa ancora una volta di un uomo e stravolge quella che fino ad allora sembrava essere la sequenza esatta, la sequenza perfetta, l’unica possibile.
Eccone invece una nuova che prende a spallate tutte le altre: accolta come sempre con diffidenza nelle sue prime rappresentazioni, anche questa verrà riconosciuta nel tempo perfetta. Fortunatamente molti, oggi, vedono nella “sequenza di Ionescu” tutto quanto di divino o di diabolico si può scorgere guardando il rapporto numero che regola la natura e dimostrato chiaramente da Leonardo Fibonacci.
 


 
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