…BRICIolE DI MAdELeiNE…
  culinaria - di Cristina Coppola  
 
 

”Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.”

Gusto inatteso, risveglio del palato, stuzzicato da un sapore pervasivo che spalanca le finestre della rappresentazione, dell’immaginazione, del ricordo. La sostanza di una pietanza, la sua essenza e ragion d’essere è creare un istante che si isola dagli altri istanti della nostra vita, nel momento in cui per la prima volta ci attacchiamo a un sapore con le sue infinite sfumature, che inaspettatamente ci apre le porte del piacere. Il potere della cucina è riuscire a ricreare quell’istante, legare i sensi alla memoria, intrecciando cosi realtà e fantasia. Basta un boccone… come una pozione magica ci può trasportare in scenari inediti, riattivare parti di noi recondite e dimenticate, flusso associativo che conduce a verità sepolte, all’inconscio.
Sintetizzando: è la ormai fin troppo abusata madeleine di Proust, è la sorpresa e il coinvolgimento totale del critico Anton Ego che all’assaggio della ratatouille creata dal topo chef perde “le fondamenta stesse del suo essere”, è la tavoletta di cioccolato bianco che consente all’infante Amelie Nothomb, Dio di Metafisica dei Tubi, di nascere come soggetto: “con un impennata di coraggio acchiappa la novità con i denti, la mastica ma non serve: si fonde sulla lingua, tappezza il palato, gli riempie la bocca e accade il miracolo. La voluttà gli da alla testa, gli lacera il cervello e gli fa rimbombare una voce che non aveva mai sentito prima: SONO IO! SONO IO;VIVO!e io sono il tuo migliore amico: io ti procuro il piacere … senza di me questo cioccolato è solo un pezzo di niente. Ma una volta nella mia bocca, diventa piacere. Ha bisogno di me! Quel pensiero si traduceva in rutti sonori sempre più vivaci. Spalancavo gli occhi e sgambettavo di felicità. Avevo la sensazione che le cose mi si imprimessero in una parte molle del cervello che conservava traccia di tutto. ”… proprio quella parte che ci consente di “evadere” quando viene solleticata da un magico sapore.

Sapore e odore allora sono i medium per accedere a nuove dimensioni, dentro e fuori di noi. Il gusto personale cela una storia, una verità familiare. Io posso narrarvi la mia ricetta d’evasione, che magari arriverà a qualcuno come genesi di un nuovo piacere …
La GRAFFA è la mia madelaine, è stata la protagonista indiscussa delle colazioni della mia infanzia e ha su di me ancora effetti collaterali, scalda e riempie le narici con le gonfie bolle del suo morbido impasto.. fa il solletico alle labbra con la sua superficie zuccherina … vi assicuro che il solo profumo è un’esperienza … provare per credere.

Munitevi di : 250 gr di farina (50% manitoba e 50% farina 00); 250 gr di patate; 1 uovo; 16 g di lievito di birra fresco; un pizzico di sale; buccia di 1 arancia piccola o limone; 60 g di burro; 50 g di zucchero ; 25 g di latte (se cen’è bisogno ); olio di arachide per friggere (una padella piena); zucchero semolato per la spolverizzazione finale!!
Preparazione: Per prima cosa lavare le patate e lessarle con la buccia per 25 minuti. Appena cotte, ancora bollenti passatele al setaccio. Intanto fate una fontana con la farina, e al centro con poche gocce di latte tiepido scioglietevi il lievito. Aggiungete tutti gli altri ingredienti, amalgamateli con la farina fino ad ottenere un composto omogeneo (Se il panetto risulta troppo sodo servitevi di un po’ di latte per ammorbidirlo). Lavrate di gomito per ben 10 minuti per poi dividere la vostra pasta in sei parti uguali. Infarinate il vostro piano di lavoro, prendere ciascuna delle sei parti e con il palmo rotolatele una per volta cosi da formare 6 cordoni grossi quanto un dito e lunghi almeno 20 cm che andranno sigillati a forma di ciambella, incrociando le due estremità l’una sull’altra. Adesso è l’ora del riposino: preparare un accogliente giaciglio per i vostri embrioni… un canovaccio infarinato come base su cui adagiarle, un altro da mettere sopra, a mo’di lenzuolino, e per concludere una copertina di lana da disporre leggermente in modo che non pesi sulla pasta. Lasciate lievitare per almeno 1h e ½- Mettete intanto dell’olio di semi a scaldare, perché le graffe sono FRRRRITTE!! Ogni graffa deve essere rigirata più volte nell’olio bollente fin quando non ottiene il suo meraviglioso colore dorato. Subito dopo asciugatele con carta assorbente, cospargete di zucchero in grani e pappatevele rigorosamente calde!!!!

 

 
 
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