INTO THE VEDDER.
 
musica - di Giorgia Mastroianni
 
 
 
Società, abbi pietà di me, Spero che tu non ti arrabbi, se non sono d'accordo, Società, davvero folle Spero che tu non sia sola, Senza di me...
Staccare, abbandonare tutto ciò che circonda la vita di tutti i giorni e andare via, come Ulisse, viaggiare per conoscere e conoscersi: “senz’altra Itaca fuorché quella interiore”, citando la scrittrice Marguerite Yourcenar. Il tema dell’evasione inonda pagine di letteratura e tocca tutti gli ambiti artistici: pensiamo a pittori come Gauguin che si rifugia alle isole Thaiti, o all’Albatros di Baudelaire, “esiliato sulla terra fra gli scherni”, o al vagare senza meta del Bateau Ivre di Rimbaud. Il viaggio diviene da sempre una metafora della vita e della ricerca, il desiderio di inoltrarsi in un terreno che non ha nulla di familiare: una terra selvaggia. Nel 2007 uscì nelle sale uno di quei film destinati a far parte della storia: “Into the wild”, scritto e diretto da Sean Penn e tratto dall’omonimo libro di Jon Krakauer. Il film narra la storia di Christopher McCandless, un ragazzo benestante il quale dopo essersi laureato con una media voto molto alta all'Università Emory, e aver ottenuto una specializzazione in Storia e Antropologia, decide di abbandonare ogni cosa. Stufo della società di cui non si sente parte, attraversa l'Ovest America da solo. Prima di partire dona i suoi 24.000 dollari di risparmi alla Oxfam , ( la Oxford Commitee for Famine Relief, una confederazione di 14 organizzazioni non governative che lavorano con 3.000 partners in più di 100 paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia. ). Chris attraverserà gli Stati Uniti ed il Messico del nord, fino a raggiungere, solo, con poco cibo ed equipaggiamento, l'Alaska. Il suo viaggio durò due anni , dopodiché il suo corpo venne ritrovato senza vita in un autobus sullo Stampede Trail nell’agosto del 1992.
Una storia vera e affascinante che incanta e commuove, grazie anche ad un'intensa fotografia che esalta la bellezza di molti paesaggi naturali incontaminati. Per stessa ammissione del regista è però la colonna sonora, affidata al cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder, a donare un’atmosfera viscerale al racconto ed alle immagini. “E' stato durante le riprese del film che la voce di Eddie Vedder come cantante e autore di canzoni mi è venuta in mente come quella giusta per questo film. Un mese dopo aver accettato la mia proposta, queste grandi e toccanti canzoni gli uscivano a fiotti. Nessun'altra voce fa fluire, sanguinare o gioire la giovane terra e il cuore americano così appassionatamente come quella di Vedder”, dichiara il regista, “ il suo contributo non solo alza considerevolmente l'impatto del film, ma credo che sarà un'indelebile raccolta indipendentemente dal film. Da mettere in una capsula del tempo sotto Compagni di strada ”. Poesia e musica si intrecciano in quest’album divenuto una delle colonne sonore più celebri degli ultimi anni. Ascoltandolo non riusciamo a non farci travolgere dal fascino ma anche dal dramma della vita di Alexander Supertramp, pseudonimo scelto dal protagonista per la sua nuova vita. Vedder descrive i pensieri e le emozioni di questo "viaggiatore esteta la cui casa è la strada", come lo stesso Christopher McCandless amava definirsi. Canzoni come Guaranteed, Far Behind, Rises, ripercorrono il cammino di chi caparbiamente dice no allo stato attuale delle cose, ma sarà poi costretto a mutare le sue convinzioni. Il credere che la felicità “non proviene dalle relazioni con gli essere umani” perderà di valore una volta scoperta la solitudine. Con le ultime forze, poco prima di morire, scriverà : “HAPPINESS IS REAL ONLY WHEN SHARED” (la felicità è vera solo quando è condivisa).
“Una volta ho scavato una tomba in anticipo\Per trovare una terra migliore\Lei mi ha sorriso e ha riso di me\E ha ripreso di nuovo il suo blues” canta Vedder in Hard Sun (riprendendo le parole di Gordon Peterson) . Così il desiderio di evadere per riuscire ad accettare il mondo, e donare il proprio amore in ogni luogo, in ogni incontro, si rivelerà alla fine un’incapacità di amare fino in fondo, un fallimento, come ascoltiamo dalle parole di una delle più belle canzoni dell’album “Guaranteed”, (vincitrice del Golden Globe come Migliore Canzone Originale) : “Inginocchiato non c'è modo di essere libero (..)Non avvicinarti di più o dovrò andarmene\ Certi posti mi attraggono come la gravità \Se mai ci fosse qualcuno per cui restare a casa\Saresti tu..”. Quel desiderio di fuga, di evadere ci riguarda tutti, per questo la storia di Supertramp si carica di un ancor più grande significato. È giusto e salutare averne abbastanza di questa “folle società”, della sete di guadagno e di successo, è giusto provare disgusto per il nostro costante desiderio di avere sempre qualcosa in più: “Pensi di dover volere più di quello di cui hai bisogno\Finchè non hai tutto non sarai libero”. Supertramp però non voleva morire, e non voleva quella solitudine che aveva ostinatamente cercato. Scoprirà solo troppo tardi che ciò per cui vale davvero la pena vivere è la propria felicità e che quest’ultima non può essere separata dalla felicità di chi amiamo.
Così la più antica delle scoperte si rivela essere la più difficile. In una delle opere più celebri di Seneca, le Epistulae morales ad Lucilium , Lucilio scrive al drammaturgo latino , confessandosi stupito del fatto che i suoi viaggi non abbiano guarito la sua tristezza. La risposta di Seneca sembra parlare della storia di Supertramp : “Perchè ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza lo stesso motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano.(…) Devi cambiare d’animo, non di cielo”
 

 
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