La linea editoriale di questo mese è “lo stato dell’arte”, per ristabilire con la realtà, attraverso una serie di interviste, un rapporto diretto, chiedendo ad esperti, professori, artisti e addetti ai lavori di raccontarci la loro esperienza.
Così anche io non ho potuto esimermi da fare una intervista per promuovere ed avere l’occasione di registrare la testimonianza di un giovane attore, passato dalla moda (sfilava per grandissime firme come Valentino) al piccolo schermo, il cinema e di nuovo fiction e teatro.
Ladies and gentlemen Simon Grechi.
Simon, "lo stato dell’arte", che ti dicono queste due parole?
Dire solo Stato, con la S maiuscola, in questo momento vuol dire l’opposto dell’arte…
Partiamo dallo Stato che ha abbandonato l’arte: che ne pensi, è proprio così?
Proprio ora hanno cancellato dei finanziamenti già affidati dal Ministero per uno spettacolo teatrale promosso dalla Onlus Differenza Donna, composto da 6 monologhi che hanno come oggetto casi di stalking realmente accaduti, che avremmo dovuto portare in scena a Roma, Napoli e non solo.
Anche tu quindi hai provato sulla tua pelle cosa vuol dire "tagli alla cultura"?
La vita diventa sempre più dura per chi vive cercando di fare cultura e arte. Questo Paese credo che non abbia più cultura, a partire da come ragiona la maggior parte delle persone e soprattutto chi ci governa. Io credo che la cultura, anche se sembra una banalità, sia la cosa più importante perché forma le persone, l’istruzione è fondamentale e se viene azzerata si perde tutto.
In momenti come questi di grave crisi ci si aspetterebbe un aiuto maggiore dalle Istituzioni, non credi?
Ci sono iniziative di singoli che provano a fare qualcosa, in momenti di crisi anche in passato si è sempre mantenuta la vena artistica di un popolo, cercando di legarsi alla propria cultura per darsi forza. Certo che ora l’Italia sta vivendo un momento di forte difficoltà come tanti Paesi, la coperta è sempre più corta e l’arte come tanti settori viene abbandonata. Se penso che ci sono scuole in cui i genitori devono fare la colletta per comprare le sedie o rifare l’intonaco delle aule, figuriamoci lo stato di abbando che vive la cultura in generale.
Nell’arte in particolare tu ti occupi di recitazione: come nasce in te questa passione?
E’ una passione che ho sempre avuto ma che per timidezza stentavo ad esprimere quando ancora facevo il modello. Poi è venuto il piccolo schermo, la mia partecipazione ad un reality mi ha di fatto chiuso tutte le porte con l’alta moda e quindi ho deciso di buttarmi nella recitazione. E’ una cosa che sentivo dentro e non ho potuto sottrarmi.
Un percorso maturato negli anni, dunque?
Si sentivo da sempre questo fuoco, poi quando ho iniziato a recitare ho provato veramente cosa vuol dire fare una cosa che ti piace. Una bella sensazione, ho sentito di aver trovato il mio posticino all’interno dell’insieme e quindi anche a costo di andare a dormire sui divani degli amici sono andato avanti con delle rinunce ma ottenendo anche delle gratificazioni.
Quindi tutto per te inizia con la televisione?
Esatto. Un mio amico stilista all’epoca mi presentò un manager che mi fece fare un provino e debuttai nella fiction “Carabinieri”. Per me che all’epoca non sapevo cosa fosse uno stativo, i tagli, come funzionasse l’ottica di una macchina da presa, è stato come entrare in un circo. Il prodotto era come dire.. casalingo, io mi sembravo uno stoccafisso, però mi è piaciuto e da li sono arrivati altri lavori.
Secondo te come forme di espressione a livello artistico cosa vedi di più innovativo?
Io credo che si debba trovare una nuova chiave di comunicazione, la rete funge moltissimo come trasmettitore di contenuti, però per me il teatro resta il protagonista indiscusso. Bisognerebbe riuscire a portare tutti a teatro, far uscire le persone dall’assuefazione che dà la televisione. Manca la curiosità, parte della responsabilità è sicuramente della classe politica italiana che è completamente distaccata dalla realtà e non capisce che dovrebbe trovare il modo per comunicare a tutti l’importanza della cultura.
Quindi si dovrebbe sfruttare di più la rete per diffondere la cultura?
Internet è bello per questo, è libero e aperto a tutti. Ad esempio la Liberia è un paese africano guidato da un premio Nobel che ha deciso di pubblicare sulla rete tutti gli atti ministeriali per combattere la corruzione ed essere più trasparente. Questo è un fatto innovativo che ha rotto la non curiosità della popolazione.
Internet si fa sempre più mezzo di comunicazione democratico e canale di diffusione di cultura lowcost per chi vuole condividere la sua arte.
Sarebbe bello appoggiarsi alla rete e non ghettizzarsi, come avviene in certi salotti televisivi dove persone con un’ottima oratoria parlano di cose sentite mille volte e si auto erotizzano della loro bravura.
Oltre alla rete internet, credo ci sia un'altra rete altrettanto importante.. quella dei teatri più o meno off sparsi per l’Italia, frequentatissima dagli under 30.
I teatri off funzionano un pò come i poliziotti di quartiere di una volta. Sarebbe bello che in ogni parte della città i ragazzi uscissero la sera con gli amici senza sapere neanche cosa c’è in giro da vedere, ed entrassero a vedere uno spettacolo per poi continuare la serata in altri locali o teatri. Mi piacerebbe diventasse come un rito, una volta a settimana, non vado a giocare a calcetto, non vedo la tv e invece mi vado a vedere uno spettacolo in cui l’attore a volte non è neanche a mezzo metro di distanza, magari non c’è il palco ne costumi, ma è bello per questo. Infine credo che i teatri off siano una importante capillarizzazione di cultura.
In questi teatri vengono forgiate le nuove tendenze artistiche, con delle scritture a volte naturalmente vicine al cinema e nuovi personaggi.
Mi viene in mente l’Ighilterra dove si cresce studiando il teatro come materia a scuola, ecco lì hanno un grosso vantaggio. Noi per fortuna abbiamo questi teatri, perché nelle scuole pubbliche che avevano dei laboratori teatrali non so quanti ne siano sopravvissuti e se ce ne sono si reggono su iniziative private. Questi laboratori sono altamente formativi, al di là della recitazione anche il mettere in piedi uno spettacolo sapendo di avere poco ti fa crescere.
Tornando a Simon Grechi attore, adesso cosa hai in cantiere?
Come ti dicevo nonostante il taglio dei fondi, a dicembre sarò in teatro, per portare in scena un monologo sullo stolking tratto da casi di cronaca. Solo da pochi anni questo fenomeno è stato riconosciuto come reato dalla legislazione italiana. Lo stolking colpisce in maggioranza le donne (a Roma su 5 mila casi ben 4.900 sono di uomini contro donne) e a volte si arriva anche all’uccisione della persona perseguitata. A gennaio invece c’è in ballo un progetto televisivo per una nuova fiction.
Quindi il tuo cammino è questo: teatro, televisione e poi cinema?
Io umilmente vorrei fare dei film per il cinema, con registi di spessore, avere la possibilità di calarmi in personaggi che so di poter interpretare. Personalmente poi ritengo che un attore non può non fare teatro, principalmente per migliorare ed aggiornarsi sempre. Inoltre ci sono dei soggetti che ho registrato tratti dalla vita reale che mi piacerebbe portare in scena.