Lacrime e sudore   sport - di Riccardo Testa  
 
 


La vita è una contraddizione. Lo sport, con le sue luci bellissime e l’aura di spettacolarità che lo avvolge, ci mette davanti allo spettacolo dell’uomo che eccelle in discipline ardue e pericolose. Noi spettatori, dal canto nostro, possiamo sognare attraverso la televisione o in uno stadio grazie agli “eroi” che tanto ammiriamo. Attraverso questa magia vediamo lontane le cose reali, di tutti i giorni, quotidiane per noi comuni mortali. Le malattie esistono, la morte è la naturale consecuzione della vita, ma nell’idolatrare i nostri beniamini li pensiamo lontani dalle sofferenze di noi comuni mortali, come se il fatto che siano così tanto speciali li renda automaticamente immuni. Purtroppo, non è così. Le belle favole esistono sempre, come ad esempio la storia che ha visto protagonista Eric Abidal, operato d’urgenza nel marzo scorso per un tumore al fegato e poi, a distanza di neanche tre mesi, in campo col suo Barcellona ad alzare alta nel cielo la Coppa dei Campioni. Oppure, e questa è storia recente, Antonio Cassano. Il talento di Bari vecchia, operato dal Prof. Carminati a Milano lo scorso 4/11 a causa di una malformazione cardiaca, ora sta svolgendo la terapia riabilitativa. E’ incredibile pensare che sportivi di questa caratura si accorgano dal nulla di avere brutti mali, nonostante i molteplici e incessanti controlli a cui vengono sottoposti dalle società e dalla Lega Calcio. Ci uniamo all’ideale abbraccio al folletto rossonero che tutti, in questi giorni, vorrebbero veder di nuovo ridere come ci ha abituati, da sempre. Chi invece ridere non potrà più è Marco Simoncelli, che a 24 anni ci lascia per andare ad insegnare agli angeli come si impenna. Durante le esequie, il mio piccolo dolore si è unito a quello di amici ed estranei. Il pudore e la dignità della famiglia, padre madre sorellina e fidanzata, dovrebbero far riflettere perché non è vero che chi soffre è giustificato a prendersela con tutti. Lo dimostrano i genitori, straziati ma reali, intelligenti nel capire il grande messaggio che Marco inconsciamente ci ha dato. Lo dimostra la madre di Marco, che abbraccia Valentino Rossi come se fosse un altro suo figlio, senza rancori verso chi, incolpevolmente, si è trovato a contatto con Marco e con il suo traction control fin troppo efficiente. Marco Simoncelli è morto in Malesia, pista che lo aveva incoronato campione del mondo della classe 250cc solo due stagioni prima. Era al suo secondo anno in MotoGp e voleva la prima vittoria. Nell’intervista prima di Sepang, superSic aveva detto che dal gradino più alto del podio sarebbe sembrato più bello a tutti; ironia della sorte la Malesia gli ha regalato il podio più alto di tutti, quello del cielo. Buon viaggio Marco, questo mondo troppo veloce per tutti noi adesso ha un eroe in più da piangere e un ragazzo in meno da amare.

 

 
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