In India, l’avanguardia della convivenza.
 
viaggi - di Karen Iacono
 
 
 


Con l’arrivo del 2012, sembra non esserci spazio per i matrimoni combinati e i riti propiziatori. Ma anche i treni a carbone e i combustibili naturali non trovano posto in una società moderna schiava del petrolio e del progresso. Nell’Asia da noi conosciuta, o meglio sconosciuta, ancora si combatte per la definizione dei confini nazionali, si cerca una soluzione per rendere l’acqua potabile, si tingono i vestiti con terre e polveri colorate, si mangia con le mani e si muore per niente. Anche questo è l’India, un paese che vive nel passato ma che poi, in realtà, non è così lontana da noi ed è conosciuta da tutti per i suoi colori, per il Taj Mahal e la sua religiosità. Fonte di ispirazione per tutti coloro che inseguono la spiritualità e il benessere interiore, meta ideale per chi ha voglia di lasciarsi tentare del trascendentale, la Madre India accoglie i viaggiatori con una disponibilità squisitamente indù, preparandoli a vivere in un mondo in cui tutto è il contrario di tutto. Qui un giovane Steve Jobs si dava allo sballo e danzava sotto l’effetto di LSD, ricercando quell’essenziale minimalismo che si opponeva all’abbondanza e al boom informatico degli Stati Uniti del tempo. Una ricerca che tuttora spinge, soprattutto i giovani, ad avventurarsi tra templi, bazaar e vacche sacre per scoprire e capire la parte più nascosta dell’animo umano. Un’immagine comune, ma anche banale, di uno stato che vende la propria cultura e filosofia di vita per soddisfare la curiosità degli stranieri o la moda del momento, e che dietro a questa antichità e tradizione, forse nasconde una gran voglia di emergere e di sedersi attorno al tavolo dei potenti, accanto alla Cina. L’India accoglie a braccia aperte il mondo dell’informatica e delle telecomunicazioni e corre, stretta in un sari colorato, sul nuovo circuito di formula 1, non molto distante dal centro di New Delhi, città in cui risuonano le costanti preghiere delle persone e i mercati seducono con profumi speziati e i rituali di vendita. Chi cammina per i villaggi fatica a credere che sia tutto reale e fatica a pensare al boom e alle riforme economiche introdotte negli ultimi anni dal governo indiano. In Gujarat stanno per nascere due grandi progetti: uno per lo sfruttamento dell’energia prodotta dalle maree, l’altro per l’energia solare, entrambi ecosostenibili. In Kashmir si lotta sulle frontiere. A Varanasi si muore per raggiungere moksha, la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni mentre l’attività economica indiana oscilla nelle borse di Mumbai. In Rajasthan le donne camminano con il capo chino coperto dai veli, quando i templi di Khajuraho celebrano il sesso e le nudità jainiste; più di un miliardo e centosettanta mila volti e storie coesistono sulla stessa terra, sotto un’unica bandiera. Ma se in verità fosse questa la vera avanguardia indiana, un sistema in grado di confrontare tradizione e riforme? Evoluzione e proibizione?
 


 
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